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Di: Lavoro&Welfare di lunedì 10 settembre 2012 22:54

Crollo del mercato dell’auto?

di Piero Pessa

 

I dati delle immatricolazioni di autovetture nel mercato italiano segnano una caduta di oltre il -20% nei mesi di luglio e agosto rispetto ai correnti mesi del 2011. L’Anfia calcola che, nei primi otto mesi del 2012, la caduta del mercato nazionale sia del -19,86% e stabilisce una relazione tra la situazione di crisi economica che attraversa il nostro paese e la rilevantissima riduzione del mercato. Del resto è facile comprendere che la pressione fiscale, l’aumento della disoccupazione e della cassa integrazione, l’incremento dei prezzi dei prodotti petroliferi e la generale incertezza sulla situazione economica giocano un ruolo importante nel deprimere il mercato.

Più contenuta è la riduzione del mercato nell’Unione Europea, dove l’Acea calcola che, nei primi sei mesi del 2012, la caduta è stata del -6,8%, rispetto ai corrispondenti mesi del 2011. Si deve registrare, tuttavia, che l’andamento dei mercati nazionali non è uniforme, infatti, due dei cinque mercati europei importanti sono positivi, la Germania e il Regno Unito, che segnano rispettivamente +0,7% e +2,7%, mentre la recessione riguarda gli altri tre: l’Italia (-19,7%), la Spagna (-8,2%) e la Francia (-14,4%).

Molto diversa si presenta la situazione mondiale dove, nei primi sei mesi del 2012, è stato stimato (Focus2move) che siano stati venduti 40,5 milioni di autovetture e veicoli leggeri con un incremento del 6,7% rispetto ai primi sei mesi del 2011. Al primo posto si colloca la Cina con 9,5 milioni di vetture vendute (+2,9%), al secondo posto gli Stati Uniti con 7,27 milioni di vetture (+14,8%), al terzo il Giappone con 2,9 milioni di vetture (+54,9%). Tassi di crescita importanti registrano anche l’India (+12,3%) e la Russia (+14,6) sia pure con mercati di 1,4 milioni di vetture per ciascun paese. Del resto alcune stime (LMC Automotive) prevedono che il mercato mondiale, nel corso del 2012, sarà di 79,5 milioni di vetture e veicoli leggeri, con una crescita del 5% rispetto ai 75,5 milioni registrati nel 2011. Viceversa in Europa si prevede una diminuzione del 5% del mercato.

Questi dati sono ovviamente determinati dai differenti tassi di crescita economica dei diversi paesi e dall’impatto che ha la crisi economica sull’Europa, tuttavia indicano anche il peso sempre più consistente dell’auto nel mercato mondiale: alcuni esperti del settore si sono spinti ad affermare che alla fine di questo secolo il parco circolante mondiale di veicoli passerà dagli attuali 700 milioni a tre miliardi. Questi dati segnalano anche la diversa ubicazione geografica che hanno assunto i mercati rispetto alla posizione in cui si sono storicamente sviluppati. In altre parole l’Europa è ancora al primo posto come parco circolante con 234 milioni di vetture, seguita dagli USA con 135 milioni e dal Giappone con 58 milioni, tuttavia i tassi di crescita di questi paesi sono vicini allo zero e il mercato riguarda solamente la sostituzione delle vetture, mentre i paesi dell’area Bric hanno certamente un parco circolante molto più modesto ma tassi di crescita superiori al 5% (per la Cina e L’India il tasso di crescita è a due cifre), proprio poiché sono ancora nella fase della “prima motorizzazione”.

Perciò è inevitabile una riorganizzazione delle produzioni, che in parte è già stata realizzata, ma che deve ancora completarsi soprattutto per la sovrabbondanza di capacità produttiva che interessa in modo particolare l’Europa. Per questi motivi si stanno moltiplicando le voci di possibili tagli produttivi che dovrebbero riguardare diversi produttori.

Si deve ricordare che, negli ultimi anni, l’industria automobilistica europea è stata sostenuta con forti sovvenzioni statali e politiche nazionali che favorivano la rottamazione dei veicoli più vecchi. Questo ha sostanzialmente evitato la riduzione delle capacità produttive nella prima fase della crisi economica. Tuttavia il perdurare della crisi fa si che molti produttori, in particolare la Fiat, PSA, Renault, Ford Europa e GM Opel, si stiano avvitando in una spirale recessiva continuando ad accusare forti perdite ed evidenti difficoltà di bilancio. La Fiat ha chiuso alla fine del 2011 lo stabilimento di Termini Imerese, ma l’amministratore delegato, Sergio Marchionne, ha recentemente ventilato l’ipotesi di altre riduzioni di capacità produttive. PSA ha annunciato un taglio occupazionale di 10.000 addetti con l’ipotesi di chiudere uno stabilimento in Francia. La stessa Renault ha lasciato intendere la possibilità di procedere a riduzioni produttive e anche in GM si parla della probabile chiusura dello stabilimento Opel di Bochum nel 2017. La recente proposta di Marchionne, in veste di presidente di turno dell’Acea, di concordare la riduzione del 20% della capacità produttiva di tutti i produttori europei, sembra incontrare più di un consenso tra i manager del settore (vedi le dichiarazioni del CEO della Renault e del CEO della Ford Europa).

Per quanto riguarda la Fiat, si è verificato un indubbio arresto del piano degli investimenti previsto nel progetto “Fabbrica Italia”. È utile ricordare quali siano state le condizioni poste dall’azienda per avviare questo progetto: dalle gravose condizioni di lavoro accettate dalla maggioranza dei lavoratori con i referendum di Pomigliano, Mirafiori e della Bertone, alla discutibile rottura del sistema di relazioni sindacali, messa in atto dalla Fiat fino all’estremo dell’uscita dalla Confindustria e dal Contratto nazionale di lavoro. In questo percorso la Fiat si è assunta dei precisi impegni pubblici nei confronti dei lavoratori e del nostro paese che non possono essere dimenticati nonostante le attuali condizioni negative del mercato. Questi impegni riguardavano sia la sicurezza occupazionale, sia la possibilità per i lavoratori di avere retribuzioni più elevate. Molti di questi impegni sono ancora disattesi, perciò il ruolo del governo nazionale è fondamentale nel chiarire la situazione. Più in generale per l’Europa, saranno determinanti le politiche industriali nel costruire le condizioni per la riorganizzazione del settore. Del resto la filiera dell’automotive è un settore che incide in modo rilevante sul prodotto interno lordo e sull’occupazione e quindi può avere un ruolo importante nella ripresa dell’economia.

 

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