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Di: Lavoro&Welfare di mercoledì 28 novembre 2012 13:03

FIAT: aspetti “forti” e criticità di una strategia

di Pinot Pautasso, dipendente Fiat

Il Piano industriale illustrato a fine ottobre dall'AD FIAT CHRYSLER ha modificato le impostazioni enunciate in precedenza. A Melfi saranno prodotti i SUV di marchio FIAT e JEEP, Mirafiori e Grugliasco saranno il Polo delle Vetture di alta gamma di marchio Maserati e Alfa, Cassino produrrà vetture di classe C (Giulietta ecc.) per il mercato mondiale, da quello americano. Queste scelte, se confermate lanciano la sfida al gruppo Volkswagen, commercializzate Audi, sul terreno di vetture di alta gamma.

Il gruppo tedesco con il lancio della UP nei mesi scorsi sta cercando di attaccare Fiat nel segmento delle utilitarie.


La scelta di produrre in promiscuo con le linee esistenti di grande punto i SUV di marchio FIAT e JEEP è una scelta di buon senso a differenza dell’ipotesi “tutto nuovo” a Mirafiori. A Torino esiste una tradizione di competenze per produrre vetture per “ricchi” le ammiraglie Alfa 166 e Lancia Thesis sono state prodotte prima a Rivalta poi a Mirafiori. Industrializzare prodotti, sino ad ora assemblati artigianalmente, significa consegnare al cliente vetture di maggior qualità. Inoltre visto la minor automazione, data da tempi ciclo più lunghi, consente di utilizzare maggior personale ammortizzata anche da utili maggiori per unità di prodotto.


Visto il perdurare della crisi economica in Europa diventa fondamentale ragionare sui tempi di progettazione (dallo stile alla messa in produzione) di una vettura. Fondamentale è farsi trovare con vetture nuove nei concessionari quando in Europa l’economia ripartirà. Immettere sul mercato nel momento di crisi significa ad esempio raddoppiare il tempo di ammortamento dell’investimento, oppure trovare risorse da altri prodotti, i tedeschi recuperano risorse da Audi (gamma alta di qualità) per compensare le perdite sui marchi delle utilitarie (Seat e Skoda).


Negli ultimi dieci, quindici anni, il tempo dal concepimento alla messa in produzione di una vettura si è dimezzato dai sei anni ai 30-36 mesi attuali. Il passaggio dal tecnigrafo al computer ha consentito di poter sovrapporre funzioni: il progettista inizia il lavoro mentre lo stilista e a metà dell’opera, il tecnologo interviene a definire il metodo e a lanciare le attrezzature quando il progettista non ha ultimato tutte le attività. La standardizzazione delle attrezzature sulle linee consente di scegliere lo stabilimento in cui produrre dodici mesi dopo l’avvio del progetto. L’introduzione delle piattaforme di progettazione obbliga tutti i soggetti a cooperare spinge ed obbliga il sistema, che come tutte le organizzazione tende alla conservazione, ad un miglioramento continuo. La scelta di ridurre i livelli gerarchici riduce i tempi di reazione rispetti ai mutamenti continui che avvengono.


Nuovi software consentono attraverso delle simulazioni di limitare i tempi e le modifiche in avvio produzione; ad esempio individuare i nodi che rallentano i flussi della linea e operare per superarli, verificare la sequenza e la smontabilità degli elementi, individuare, ridurre o eliminare le postazioni di lavoro con posture ergonomicamente non corrette, simulare i crash test.


Il sistema di produzione WCM che riguarda l’organizzazione della fabbrica nel suo complesso e che interessa il sistema qualità, la manutenzione, la gestione dei costi, la logistica in un’ottica di continua evoluzione. Questo sistema si basa sull’aggressione sistematica di ogni tipo di spreco e perdita, con il coinvolgimento di tutti, attraverso l’impegno rigoroso di metodi e di standard.

Il coinvolgimento degli stabilimenti consente attraverso procedure informatizzate di evidenziare anomalie e proporre soluzioni. Questo percorso consente allo stilista, al progettista, al tecnologo di verificare le scelte effettuate, fare azioni di miglioramento e non ripetere gli stessi errori nei successivi modelli


La descrizione di questi processi avviene contestualmente alle procedure di fusione “tecnica” con Chrysler, l’approccio è scegliere il miglior strumento e standardizzarlo. Approccio diverso fu utilizzato nell’esperienza precedente con GM-Opel, dove si erano definite quote per la costruzione di nuove vetture di prodotti da impiegare, 60% Opel e 40% Fiat. Opel non aveva il 60% di prodotti migliori di Fiat, il risultato fu produrre vetture qualitativamente inferiori.


In questa fusione lo stato d’animo dei soggetti in campo italiani ed americani è differente. Gli americani arrivano al confronto convinti e determinati, hanno vissuto periodi bui con la chiusura dei loro stabilimenti. Attraverso il sindacato hanno rischiato soldi propri, dei fondi pensioni e con l’appoggio del governo Obama affidando la guida a Marchionne sono ripartiti ed hanno ottenuto continui successi. Noi italiani - pessimisti di natura - abbiamo poca consapevolezza delle nostre capacità e competenze, siamo portati ad evidenziare più gli aspetti negativi che quelli positivi. In questa situazione di criticità ci troviamo da soli mentre il paese continua volutamente a non leggere i cambiamenti avvenuti per continuare a mantenere rendite di posizione.


Il lavoro con la propria dignità non è al centro dello sviluppo del nostro paese, i diversi sindacati sono concentrati sul proprio ombelico. Esigere dalla politica scelte di politica industriale è un dovere. Far diventare centrale il lavoro significa ridisegnare i tempi della nostra società. Valorizzare ed aiutare chi è esposto alla concorrenza internazionale significa salvare questo paese. Nel superamento di questo impasse dovrebbe essere coinvolto anche il settore dei servizi pubblici. Se si riflettete gli orari dei servizi a finalità pubblica, dalle ore 9 alle ore 14 sono accessibili solo a ricchi e pensionati. Solo la grande distribuzione si è posto nella condizione di intercettare le esigenze di chi lavora.

I servizi che eroga lo Stato, dal centrale al periferico, devono essere accessibili a chi contribuisce per il mantenimento dello stesso.

Se ciò non avviene, il patto fiscale tra cittadino e stato viene messo in discussione.

La filosofia della destra è stata rimuovere ostacoli e regole al mercato con l’illusione che il diventare ricchi di pochi consentisse una crescita collettiva.


E andata in altro modo, i pochi ricchi possono comprarsi i servizi, la salute, la sicurezza e il sapere e, conseguentemente, possono fare a meno di uno stato efficiente.

La parte che vogliamo rappresentare ha bisogno di uno stato efficiente per questo dobbiamo agire per il cambiamento superando le resistenze.

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