Per offrirti un servizio su misura nuovo.lavorowelfare.it utilizza cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.  OK   Scopri di più

 
       
Di: Lavoro&Welfare di martedì 30 ottobre 2012 07:57

Il World Class Manufacturing alla Fiat e il paradigma infranto dell’innovazione sistemica

Gian Carlo Cerruti

La Fiat é stata ed é tuttora l’impresa italiana che ha alimentato, in ragion della sua singolarità, un’incomparabile quantità di studi e ricerche, riconducibili ai più disparati ambiti disciplinari: dall’economia alla sociologia, dal diritto del lavoro alla geografia economica, dalla storia alle scienze manageriali. Le recenti vicende della Fiat di Marchionne hanno riacceso la discussione e la ricerca, e quindi la pubblicistica. Anche il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Torino ha promosso nel 2011 un seminario, di taglio interdisciplinare, sul nuovo corso alla Fiat, di cui il volume curato da Alberto Baldissera e Gian Carlo Cerruti, Il caso Fiat. Una svolta nelle relazioni industriali?, Bonanno Editore, 2012, pp.320, dà conto. I temi affrontati sono molteplici e toccano tanto le politiche industriali quanto le nuove forme di organizzazione postfordiste di produzione, le implicazioni giuridiche degli accordi sindacali stipulati e le rotture nell’assetto del sistema italiano di relazioni industriali, il rapporto del nuovo corso con il territorio e la continuità/discontinuità storica nel governo delle relazioni di lavoro.
Qui richiamiamo solo il tema dell’introduzione del World Class Manufacturing alla Fiat, tema che ha suscita, com’é noto, ampie e accese discussioni. Nel saggio al riguardo, ospitato nel volume, si sostiene che si tratta di una variante del modello produttivo giapponese, applicato in Fiat dall’inizio degli anni Novanta con l’etichetta “fabbrica integrata”. Rispetto all’impostazione originaria le maggiori novità, sotto il profilo dei contenuti organizzativi, sono molteplici. Vi è un’applicazione sistematica della procedura di cost deployment ai tutti i processi produttivi del manufacturing al fine di identificare le attività e le risorse che non producono valore aggiunto, che possono essere considerate sprechi e come tali da eliminare. Si pone molta attenzione a stabilire una stretta e sistematica connessione tra le direttrici d’intervento della razionalizzazione (i cosiddetti “pilastri”) e gli strumenti operativi per realizzarle. Si sostiene con rudezza lo sviluppo di sistema di relazioni industriali d’impronta aziendalistica la cui arena d’azione ha un perimetro tracciato dai vincoli della razionalizzazione individuati dall’impresa, cioè un’ipotesi di regolazione di controllo, più che di regolazione autonoma, delle relazioni di lavoro. Si introduce un governo del tempo di lavoro in chiave strettamente organizzativa in base al quale la struttura dei turni di lavoro é improntata ad ottimizzare congiuntamente l’utilizzo degli impianti e la flessibilità produttiva, in relazione all’andamento della domanda dei prodotti. Si fa ricorso al sistema cronotecnico Ergo-UAS al fine di realizzare un’elevata predeterminazione e intensificazione del lavoro in condizioni di variabilità al margine dei compiti lavorativi e una riprogettazione dei tempi e metodi assegnati e della struttura fisica del posto di lavoro che tenga presenti la dimensione ergonomica. Si tratta di una dei punti più controversi in quanto l’estrema intensificazione del lavoro sembra annullare quella “riserva” temporale necessaria ai lavoratori per svolgere le attività operative e cognitive necessarie per promuovere il “miglioramento continuo” ed essere foriera di potenziali rischi per la salute dei lavoratori.
Con il WCM l’impresa assume una configurazione sistematicamente parametrica che focalizza il controllo sul dispositivo produttivo nel suo insieme e, per questa via, sul fattore lavoro e una logica d’azione organizzativa guidata dal criterio dell’“autonomia controllata”, dove l’accentramento del controllo si accompagna al decentramento del sistema di regolazione produttiva. Dal punto di vista delle modalità d’implementazione il WCM si muove nel solco del tradizionale approccio top down della direzione Fiat, con due nuove leve di pressione organizzativa: la competizione tra stabilimenti nel processo di miglioramento delle performances, in ragione sia delle possibilità di delocalizzazione delle attività produttive che dell’esistenza di sovra-capacità produttiva, dove la posta in gioco è evitare la chiusura del sito produttivo; un sistema di regole del lavoro, formalmente contrattato con una parte dei sindacati, ma sostanzialmente imposto ad essi, che prevede aspetti sanzionatori in caso di contestazione della disciplina organizzativa della fabbrica.
La partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti sia alla fase di definizione del modello che della sua implementazione non è tematizzata operativamente. Il coinvolgimento dei lavoratori avviene secondo procedure eterodirette. Infine, ciò che caratterizza in modo più radicale il WCM nella versione Fiat è il divario tra la ricchezza e l’intelligenza tecnologica dei metodi e degli strumenti di razionalizzazione tecnica e la povertà e l’arcaicità dei meccanismi sociali per il governo delle relazioni di lavoro. Si tratterebbe di un caso di paradigma infranto della complementarietà delle politiche d’innovazione, secondo cui l’innovazione produce benefici soprattutto quando sia introdotta con l’approccio della complementarietà delle misure tecnologiche, organizzative e di governo delle relazioni di lavoro. In sostanza, le misure innovative non funzionano o funzionano in modo sub-ottimale se sono adottate singolarmente o in modo poco coerente, invece producono effetti robustamente benefici quando sono introdotte “a grappolo”, secondo configurazioni che soggiacciono al vincolo della congruenza delle misure adottate. Le innovazioni organizzative radicali, come quelle ispirate al modello della produzione snella, rischiano di fallire, almeno in parte, se non sono combinate con adeguati incentivi per il personale e con una ridefinizione delle relazioni di lavoro in chiave di cooperazione attiva negoziata.

Condividi

 

Per sostenere la nostra associazione è possibile effettuare una donazione:

C/C Postale N° 001025145325
Associazione Lavoro&Welfare
Codice IBAN: IT81W0760103200001025145325

Via Gaspare Spontini, 22
00198 Roma

Tel. 06 67606729

lavorowelfare@gmail.com