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Di: Lavoro&Welfare di mercoledì 14 novembre 2012 18:26

Politiche fiscali per la crescita e l’equità

Di Maurizio Petriccioli, Segretario confederale Cisl

L’agenda del dibattito politico – sindacale è fitta di emergenze gravi: l'incremento dei prezzi delle tariffe energetiche, del gas e dell’acqua. L’inasprimento dell'Imu  e della tassazione locale, come naturale e prevedibile conseguenza della traslazione dei tagli, operata dalle Autonomie locali sui contribuenti.

Difficile sciogliere i nodi strategici della crescita economica e dell’occupazione senza affrontare il tema di una politica fiscale e dei redditi che restituisca capacità di acquisto ai cittadini, a cominciare dal mondo del lavoro dipendente e dei pensionati che rappresentano oltre il 90% dei redditi dichiarati dalle persone fisiche.

Il tema di una riforma organica del sistema tributario è stato finora derubricato dall’agenda politica e lo stesso disegno di legge delega sulla riforma fiscale è stato progressivamente alleggerito nei contenuti e nelle finalità.

Così, la politica dei due tempi – prima il necessario risanamento dei conti pubblici e il pareggio di bilancio, poi le misure per il sostegno alla crescita – è rimasta “sterilizzata”, anche a causa del  permanere di una situazione di grave incertezza sulle prospettive e sui tempi della ripresa, che investe sia il nostro Paese che l’intera Eurozona e che ha finito per mantenere ad un livello ancora elevato lo spread fra i tassi di interesse del nostro debito pubblico sul bund. Un differenziale che la stessa Banca d’Italia ha giudicato eccessivo stanti i fondamentali della nostre economia.

La prima condizione perché si esca dalla crisi passa per la stessa volontà dell’Eurozona di tenere insieme le politiche di rigore e di rientro del deficit e del debito pubblico con le politiche per il sostegno alla crescita e all’occupazione. I “veti” tedeschi possono alla fine essere superati più efficacemente, come la recente vicenda della Banca centrale europea insegna,  se l’unità di intenti degli altri Paesi risulta non solo difensiva (finanziare a condizioni meno onerose la sostituzione del debito) ma “credibilmente” radicata su un percorso di reale unificazione monetaria e fiscale, superando le timidezze del passato.

La seconda condizione resta più legata agli avvenimenti interni e agli effetti concreti delle misure adottate da Governo e Parlamento.

Le misure anti – crisi varate dal Governo  per il sostegno a famiglie, lavoro e, occupazione, contenute nella manovra di stabilità, risultano ancora insufficienti a sostenere il Paese nella difficile congiuntura economica e finanziaria, considerata l’esiguità delle risorse stanziate (meno di mezzo punto percentuale di PIL),  anche alla luce della situazione di recessione dell’economia, confermata dai recenti dati dell’ISTAT.

L’introduzione dell’imposta di bollo sulle transazioni finanziarie e le risorse stanziate per il finanziamento delle agevolazioni, nell’ambito delle misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro, sono misure positive e coerenti con le richieste della Cisl di uno spostamento graduale del carico fiscale dal lavoro verso le rendite e le altre manifestazioni della ricchezza.

Con l’avvio della riduzione della pressione di un punto percentuale delle prime due aliquote dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, per circa 6 mld di euro il Governo aveva intrapreso un nuovo sentiero nella politica economica e fiscale, gettando le basi per una revisione complessiva e più strutturale dell’intero sistema tributario.

Un percorso successivamente interrotto con le modifiche apportate al provvedimento all’esame parlamentare.

Certo, era necessario migliorare  il provvedimento soprattutto per  ridurre e riequilibrare l’impatto sociale della manovra. La scelta di ripristinare il regime delle deduzioni e detrazioni d’imposta previgente al provvedimento, eliminando le franchigie, la decisione di non aumentare il 1° luglio 2013 l’aliquota iva ridotta dal 10 all’11% ed il taglio al cuneo fiscale delle imprese, tramite la riduzione dell’Irap, hanno finito per restringere i margini ridistributivi della manovra. Le risorse disponibili verranno dunque utilizzate per aumentare le detrazioni per i carichi familiari.

Da questa cronaca emergono numerosi aspetti. Il più interessante, mi sembra, è che la scelta di utilizzare le risorse disponibili, non più per abbattere le l’irpef ma per potenziare le detrazioni sui figli, riduce la portata innovativa del provvedimento.

Resta il fatto che l’area dell’incapienza in questa situazione di crisi si allarga e resta nel futuro ineludibile affrontare questo problema tramite uno strumento sociale (equivalente ad una imposta negativa) che possa dare una risposta concreta a centinaia di migliaia di contribuenti che vivono questa situazione e che non possono usufruire a pieno delle detrazioni.



In prospettiva, la Cisl chiede al Governo e al Parlamento, pur mantenendo gli obiettivi di rientro del debito pubblico, di realizzare una riforma fiscale organica e strutturale, da finanziare anche attraverso una più efficace azione di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale e riequilibrando la tassazione delle rendite finanziare rispetto a quella sul lavoro.

La direttrice di intervento prioritaria per i lavoratori dipendenti e pensionati passa attraverso la ridefinizione di alcune aliquote dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, riducendo soprattutto al 20% il peso della prima aliquota ed il potenziamento delle detrazioni sul lavoro dipendente, al livello delle quali vanno allineate quelle sui redditi da pensione.

Per la Cisl è indispensabile ripensare il fisco per la famiglia nell’ottica di una maggiore equità distributiva introducendo un nuovo strumento che superi le attuali detrazioni per familiari a carico e l’assegno al nucleo familiare, e che risulti di importo direttamente proporzionale ai carichi familiari e inversamente proporzionale rispetto al reddito.

Per garantire la compatibilità economica degli interventi richiesti è necessario proseguire nell’azione di contrasto all’evasione e dell’elusione fiscale, ampliando ulteriormente la tracciabilità dei pagamenti, e realizzando progressivamente un sistema di contrasto di interessi che consenta la graduale emersione del fatturato occultato, a cominciare, sperimentalmente, dalle aree e dai servizi professionali a maggiore rischio di evasione o più “sensibili” per i contribuenti in relazione alla tipologia “sociale” delle prestazioni erogate, con strumenti che riducano la convenienza ad accordi collusivi tra le parti.



 

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