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Di: Lavoro&Welfare di venerdì 14 dicembre 2012 17:06

Quali possibili evoluzioni per il sistema della previdenza complementare

Intervento di Giovanni Pollastrini



Prima di tutto permettetemi di ringraziare tutti voi per aver accettato il nostro invito ed in particolare coloro che interverranno per la disponibilità dimostrata.

Il Presidente Finocchiaro, con il suo intervento, ci ha fornito uno sguardo d’insieme del sistema previdenza complementare nel nostro Paese.

L’obiettivo del mio intervento è quello di avanzare alcune proposte concrete da porre all’attenzione delle istituzioni, delle associazioni e di tutti coloro che lavorano nel previdenza complementare. Vogliamo infatti stimolare in questa fase un dibattito sul secondo pilastro previdenziale, che a nostro avviso in quest’ultimi anni è stato completamente trascurato.

Sono trascorsi 5 anni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 252/05 e nel frattempo, sono successe tantissime cose che hanno ancora una volta modificato la previdenza di primo pilastro e il welfare del nostro Paese. I risultati di questi interventi non sempre sono stati lineari, anzi molto spesso hanno creato difficoltà soprattutto a tutti coloro che si accingevano od erano prossimi ad andare in pensione, creando non poche situazioni di difficoltà, se non addirittura di veri e propri drammi per moltissimi lavoratori (esodati, ricongiunzioni, ecc..)

In questo quadro sicuramente lo spazio per la previdenza complementare si è ulteriormente ridotto, vi è stata una oggettiva difficoltà, molto spesso anche insofferenza verso una discussione sul ruolo che il secondo pilastro doveva avere nel nostro Paese, arrivando fino  al punto di negare non solo la necessità di tale scelta, ma anche la sua utilità.

Non è agevole e può risultare parziale discutere di previdenza complementare in un momento in cui i temi delle pensioni pubbliche, della salvaguardia del posto di lavoro, del far quadrare i bilanci delle famiglie di fronte al mordere della crisi economica e finanziaria sono le cose su cui i lavoratori sono chiamati tutti i giorni a confrontarsi.

Ma riteniamo che è proprio in momenti come questi che occorra tenere alta l’attenzione su tematiche che, come la previdenza complementare esplicano i loro effetti in un arco temporale molto lungo e difficilmente oggi sono pienamente percepite soprattutto dai giovani, siano essi occupati o in cerca di un lavoro.

Dobbiamo rilevare che l’attuale Governo, come del resto il precedente,  ha completamente glissato su tali  tematiche.

Siamo in una situazione in cui, se non consolidiamo quello che abbiamo fatto e non rilanciamo l’iniziativa, rischiamo di tornare indietro con gravissimo danno non solo per il sistema in generale, ma soprattutto per i lavoratori ed in particolare per le fasce più deboli e i giovani.

L’obiettivo dell’iniziativa di oggi è proprio quello di rilanciare la discussione partendo da temi specifici che a nostro avviso vanno affrontati per consolidare il sistema e dare nuovo slancio a chi tutti i giorni opera per far crescere la previdenza complementare.

Storicamente è una materia in cui la condivisione è stata sempre ampia tra tutti i soggetti: forze politiche, organizzazioni sindacali sia di parte datoriale che dei lavoratori, associazioni di categoria degli operatori. Occorre pertanto secondo noi una valutazione attenta soprattutto della situazione delle forme di previdenza complementare e più specificamente dei fondi pensione nel nostro Paese, e quali correttivi possano essere posti in campo non solo per limitare i danni in situazioni come quella attuale ma, se possibile, per rilanciare l’iniziativa.

L’attuale normativa sulla previdenza complementare, che va ricordato è il frutto di una lunga evoluzione avviata nel 1993, è stata sicuramente in grado di garantire un ordinato sviluppo del sistema ed ha fino ad oggi garantito in modo adeguato gli iscritti.

Ciò nonostante alcuni aspetti che sono stati regolamentati dal D.Lgs. 252/05 vanno ripensati e resi più adeguati all’evoluzione del sistema e alle mutate condizioni economiche del nostro Paese.

Il sistema dei controlli è stato sin dall’inizio incentrato sulla esistenza di una specifica autorità di vigilanza sui Fondi Pensione (Covip).

Va quindi, a nostro avviso, mantenuta vista la specificità del sistema della previdenza complementare, la scelta di una autorità di vigilanza ad hoc; questa impostazione è stata ulteriormente rafforzata dalla scelta fatta dal Parlamento di mantenere la Covip e di non accorparla nella nuova autorithy di vigilanza sulle assicurazioni private.

Pertanto il livello raggiunto oggi necessita a nostro avviso di un ulteriore passaggio di rafforzamento della Covip e soprattutto di un definitivo inquadramento che non lasci spazi per una messa in discussione del ruolo e della funzione ogni volta che cambia il quadro politico.

Andrebbe quindi rafforzato e consolidato il ruolo della COVIP lungo tre linee di sviluppo della sua attività.

La prima è quella che possiamo definire storica, che riguarda la vigilanza sui soggetti che svolgono l’attività propria della previdenza complementare.

La seconda riguarda un rafforzamento del ruolo nel controllo sulla gestione delle risorse delle “Casse Privatizzate”.

L’articolo 14 del decreto legge 6 luglio 2011 n.98 (convertito con legge 15 luglio 2011 n.111) dispone che sia la COVIP ad esercitare, nei confronti degli enti di diritto privato di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, anche mediante ispezione:


  • il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie;

  • il controllo sulla composizione del patrimonio.


Come sappiamo un primo passo in questa direzione è stato fatto, occorre però definire meglio le competenze e in particolare necessita l’emanazione anche per questi soggetti di una normativa che definisca i limiti agli investimenti e le regole in materia di conflitti d’interesse e di svolgimento dell’attività di selezione dei soggetti chiamati a gestire le risorse finanziarie.

Anche in assenza di una normativa specifica, la COVIP dovrebbe assumere nei confronti delle Casse più una funzione di impulso ad autoregolamentare portafogli e investimenti, che di controllo ex post, persino ispettivo, affinché operino evitando tentazioni speculative.

In tale ottica, COVIP dovrebbe proporre delle linee guida per la predisposizione di appositi regolamenti, che :

  • individuino con chiarezza gli obiettivi da raggiungere;

  • prevedano trasparenza nell’agire e nei rapporti con gli aderenti;

  • disciplinino l’esatta attribuzione di compiti e responsabilità fra i diversi organi per una governance che sia realmente virtuosa;

  • pongano attenzione ai costi;

  • prevedano procedure in grado di assicurare un’efficiente gestione dei conflitti di interesse nonché il costante e puntuale rispetto delle regole;

  • individuino strutture interne professionali, idonee alla valutazione del rischio, basate su processi operativi e sistemi di controllo coerenti con i rischi di volta in volta assunti;

  • evitino per quanto possibile la logica del breve termine e privilegino la massimizzazione dei rendimenti nel lungo periodo;


 

  • vigilino che, in un termine temporale assegnato, tutte le Casse adottino tali regolamenti.


Su questo tema sono stati fatti molti passi in avanti, anche le stesse Casse sono ormai convinte della necessità di una regolamentazione sugli investimenti finanziari (alcune ad esempio si sono già dotate del documento sulla politica di investimento sulla falsa riga di quanto previsto dalla Covip per i Fondi Pensione).

La terza è quella di affidare alla Covip anche il compito di vigilanza sui Fondi Sanitari integrativi, che si stanno sempre più sviluppando con caratteristiche molto simili a quelle dei Fondi pensione (soprattutto per la natura contrattuale sia nella loro istituzione che per la definizione delle risorse da destinare). Naturalmente su questo versante sarebbe opportuno una rapida definizione delle regole di costituzione e di regolamentazione del funzionamento di tali Fondi.

Se si intraprende questa strada si può pensare a costruire un’autorithy che abbia un ruolo molto determinante in un’area che rappresenta anche dal punto di vista delle risorse un aggregato molto importante nell’economia del nostro Paese e consentirebbe anche di dotare la Covip delle risorse soprattutto in termini di personale, evitando inutili sovrapposizioni con gli altri soggetti che attualmente sovrintendono ai controlli.

Un’ultima questione che andrebbe affrontata in sede legislativa è quella dell’equiparazione della Covip in termini di durata del mandato, visto che attualmente è quella che ha una durata più breve delle altre.

L’impianto previdenziale scaturito si è mostrato, anche alla prova dei fatti, equilibrato negli assetti, controllato nei processi decisionali e prudente negli investimenti. L’avversione al rischio dei lavoratori, rappresentata nelle decisioni di asset allocation dei Consigli di amministrazione, ha portato alla costruzione di portafogli a basso rischio, che hanno risentito della crisi dei mercati in misura contenuta e dei numerosi default avvenuti negli ultimi anni in misura quasi irrilevante. I numerosi livelli di controllo interno ed esterno hanno agito efficacemente a salvaguardia degli interessi degli aderenti.

Grazie alla normativa secondaria prodotta dall’Autorità di Vigilanza, la previdenza complementare si caratterizza come un sistema di intermediazione finanziaria tra i più trasparenti in Italia e nel panorama internazionale, quanto a struttura gestionale, amministrativa e finanziaria, costi di adesione e gestione, in tutte le fasi (ingresso, permanenza, uscita) di adesione alla previdenza complementare. Tale trasparenza è condizione necessaria, sebbene di per sé insufficiente, per lo sviluppo di un’effettiva concorrenza tra le varie forme pensionistiche.

Possiamo quindi ritenere che il modello di governance ha funzionato bene soprattutto nei fondi pensione negoziali, ma le dimensioni che alcune forme di previdenza complementare stanno raggiungendo in termini di masse gestite, e le opportune aggregazioni tra fondi, pongono comunque la necessità di un maggiore affinamento della capacità di gestione a partire da un controllo complessivo del rischio e da una gestione tattica dell’asset allocation strategica.

Occorre che sempre più i Fondi pensione siano in grado di utilizzare professionalità ad alta specializzazione che forniscano agli amministratori gli strumenti e le informazioni necessari per poter prendere decisioni rapide e in linea con le esigenze degli iscritti e non solo sul versante degli investimenti finanziari. Questo significa strutturare adeguatamente l’attività di controllo sui processi di gestione e mantenere costante un livello di informazione e formazione.

 

Il sistema delineato precedentemente troverebbe sicuramente una maggiore efficienza in Fondi pensione che avessero dimensioni consistenti.

In assenza di meccanismi concorrenziali pienamente funzionanti, si rende necessaria, da parte di tutti gli attori in gioco (parti sociali, Autorità etc.) un’azione di promozione delle fusioni e aggregazioni tra fondi e di efficace penalizzazione del permanere di configurazioni sub-ottimali, prevedendo anche consorzi tra fondi per la fornitura di servizi.

In questa ottica una attenzione specifica andrebbe posta in particolare al sistema dei fondi pensione preesistenti in cui vi è una notevolissima frammentazione, con fondi che hanno dimensioni inefficienti e molto spesso con scarsi presidi organizzativi autonomi.

 

Una questione importante riguarda poi le norme che regolano gli investimenti finanziari e i conflitti di interesse delle forme di previdenza complementare.

Il varo delle nuove norme in materia che riformino l’attuale Decreto Ministeriale 703/96 sono state al centro di un dibattito molto forte nel recente passato, speriamo che la nuova normativa sia emanata a breve, e non sia, a causa della crisi di governo nuovamente rinviata.

Infine,  la questione del  controllo del rischio da parte dei Fondi pensione.

La regolamentazione  introdotta dalla Covip, anche attraverso la delibera del 16 marzo 2012, sull’adozione del documento sulla Politica degli investimenti, con l’introduzione di una piena assunzione da parte dei Consigli di amministrazione e dei soggetti promotori delle forme di previdenza complementare della responsabilità delle scelte di gestione finanziaria compiute dalle Forme di previdenza insieme ad una più adeguata governance (con l’istituzione della funzione finanza) e il chiarimento dei ruoli di tutti i soggetti coinvolti nel processo di investimento è sicuramente un grande passo in avanti.

In particolare, l’outsourcing delle attività chiama in causa un rafforzamento dei presidi anche sui soggetti che prestano detti servizi, ma presuppone che vi siano sempre maggiori presidi di controllo.

 

Altra questione riguarda poi la previdenza complementare dei pubblici dipendenti che soggiace ad una speciale disciplina che distingue il lavoratore pubblico dalla generalità dei lavoratori dipendenti. La partenza dei due Fondi pensione rivolti ai lavoratori pubblici Sirio e Perseo, che si vanno ad aggiungere al Fondo Espero, ormai operativo dal alcuni anni, ripropone la questione di estendere anche a questi lavoratori le disposizioni del D.lgs. 252/05, tra le quali quelle in materia di fiscalità, accesso alle prestazioni, parificazione tra le varie forme, libera scelta e spostamento tra le varie forme di previdenza complementare. Ricordo che su questa questione, che avevamo affrontato anche nella precedente iniziativa di Lavoro & Welfare, è stata da parte dell’on. Damiano presentata una proposta di legge per un riallineamento anche di questi lavoratori al sistema previsto dal D.lgs.252/05 correggendo le distorsioni che si sono venute a creare.

 

Altro aspetto non compiutamente affrontato è quello delle rendite che assumono un ruolo importante nella definizione della prestazione che verrà erogata all’aderente ai Fondi pensione.

La loro erogazione e soprattutto la loro consistenza saranno determinanti per il tenore di vita dei futuri pensionati. Ad oggi il problema, essendo poco rilevante nei fondi pensione negoziali di nuova istituzione, non è stato affrontato in maniera compiuta, anche se i Fondi pensione negoziali insieme ad Assofondipensione, hanno sicuramente fornito una prima risposta.

Questo non significa che non vi siano una serie di questioni che vanno dalle tematiche relative alla gestione del longevity risk, ai temi dell’erogazione diretta, a quelli dell’erogatore unico e del fatto che questo debba essere pubblico o privato.

Una riflessione su questi temi sarebbe auspicabile tenendo conto anche dei tempi di maturazione del problema.

 

Per concludere vorrei affrontare la questione più importante, quella dell’ampliamento della platea degli aderenti alle forme di previdenza complementare; il numero di coloro che sono fuori dal sistema è ancora molto alto.

Vanno quindi posti in essere una serie di interventi e di iniziative per cercare di colmare questo differenziale.

Non vi è dubbio che occorre intervenire per allargare la platea degli aderenti ai fondi pensione. Sul versante dei lavoratori dipendenti, per rilanciare le adesioni occorre introdurre meccanismi di semi automaticità di adesione, come è stato fatto nel Regno Unito, e cioè sperimentare, ad esempio, un'adesione di tipo “contrattuale”. In pratica, laddove sia previsto un contributo del datore di lavoro, sarebbe opportuno prevedere l'automatica adesione del lavoratore alla forma di previdenza complementare fissata contrattualmente per la sua azienda, salvo poi salvaguardare la libera adesione alla previdenza complementare attraverso la facoltà del lavoratore di far confluire anche il trattamento di fine rapporto (TFR) e l'eventuale contributo a suo carico. Questo meccanismo determinerebbe sicuramente l'ampliamento della platea delle adesioni, consentendo tra l'altro ai fondi pensione negoziali di avere la possibilità di contattare tutti i potenziali aderenti, colmando quindi quel gap che oggi si va sempre più allargando con le capacità di contatto e di vendita dei prodotti previdenziali da parte delle reti dei fondi aperti e soprattutto dei PIP.

Inoltre si potrebbe pensare in questo caso alla possibilità di destinare anche solo una parte del TFR (almeno il 50%) e di mantenere il restante accantonato in azienda o destinarlo al Fondo di tesoreria. Questa strada potrebbe andare incontro anche ad alcune riserve che nel corso di questi anni sono state avanzate per non aderire alla previdenza complementare. Inoltre potrebbe sgravare i Fondi pensione da tutta una serie di incombenze in tema di anticipazioni che dovrebbero essere esercitate in via prioritaria sulla quota accantonata in azienda o presso il Fondo di Tesoreria. Una modifica dovrebbe riguardare anche  l’eliminazione della possibilità di richiedere l’anticipazione fino al 30% della propria posizione, senza nessuna motivazione, che sta trasformando sempre più le forme di previdenza complementare in bancomat, in cui le richieste sono sempre più numerose e in alcuni casi per cifre irrisorie in cui i costi di gestione sono troppo onerosi.

Il problema delle adesioni assume particolare rilievo con riferimento al sistema delle piccole  e medie imprese e in quei settori che presentano una notevole dispersione e frammentazione delle unità produttive e in quei comparti che sono economicamente e di conseguenza contrattualmente più deboli.

Resta irrisolto il problema dei lavoratori cosiddetti atipici, per cui vi è sicuramente un problema anche sul primo pilastro della previdenza pubblica. Occorre tenere conto anche delle cosiddette discontinuità contributive che riguardano soprattutto quei lavoratori che, pur entrando nel mondo della previdenza complementare, vi rimangono per periodi molto brevi, essendo la contribuzione legata a rapporti di lavoro a tempo determinato e non sempre continuativi tra loro prima di arrivare a contratti a tempo indeterminato. In altri casi si determina un età di ingresso alla previdenza complementare molto ritardata per effetto di ciò che avviene sul mercato del lavoro (ritardato ingresso, periodi di lavoro iniziali in nero, ecc.).

Occorre poi far decollare anche nel nostro Paese una cultura della previdenza oggi mancante che veda i giovani in grado di essere messi nelle condizioni di conoscere quale sarà il loro futuro previdenziale per poter scegliere le soluzioni migliori e più adatte alla loro specifica situazione. L’avvio di un processo culturale che deve passare anche attraverso una educazione al risparmio in generale e a quello previdenziale in maniera più specifica, che può avvenire anche nelle scuole,  è condizione indispensabile per consentire a tutti di scegliere in maniera consapevole il proprio futuro.

Occorre poi fornire maggiore informazione ai lavoratori iscritti e non alla previdenza complementare. Infatti la previdenza complementare trae la sua ragion d’essere da come è strutturato il sistema pensionistico di primo pilastro. Diventa così indispensabile che l’INPS fornisca ai lavoratori (a legislazione vigente e sulla base dei parametri in essere) un “prospetto esemplificativo” relativo alla rendita pensionistica pubblica così come proiettabile, in termini individuali, sull’orizzonte di passaggio alla quiescenza di vecchiaia.

Tale prospetto, da impostare in termini prudenziali e da far conoscere nella sua valenza previsiva ed esemplificativa, diverrebbe il punto di partenza per impostare un conseguente “progetto complementare” per colmare il gap previdenziale creatosi, nei tassi di sostituzione, con le riforme di primo pilastro.

Questo apre anche un problema relativo al supporto che da parte del Governo e delle istituzioni deve essere fornito sul piano dell’informazione e della comunicazione al sistema della previdenza complementare.  Occorre rendere duratura e strutturata la comunicazione e l’informazione su questi temi.

Un’adeguata comunicazione ed informazione da parte dei Fondi pensione relativamente ai profili di rischio ed agli obiettivi finanziari dei comparti è altresì un servizio primario imprescindibile per gli aderenti.

Certamente il momento non è dei più propizi, ma proprio per questo occorre perseverare in un impegno di comunicazione, che non può essere mai disgiunta dall’informazione per aiutarne il definitivo decollo.

 

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