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Di: Lavoro&Welfare di mercoledì 19 settembre 2012 08:50

Conferenza Nazionale PD sulla Sicurezza sul Lavoro

Intervento di Antonio Montagnino, tenuto a Roma il 9 novembre 2011



Sul piano della tutela della salute e sicurezza sul lavoro siamo certamente in condizioni migliori di qualche anno fa, cioè prima della Riforma prodotta dal Governo Prodi nella scorsa legislatura con la Legge delega 123 e con il Decreto 81.

In precedenza la legislazione era il prodotto di una stratificazione di 50 anni di norme, molte delle quali obsolete, qualcuna contraddittoria, altre assolutamente inefficaci. Credo che non ci si possa negare il merito di aver riunito queste norme in un unico testo razionalizzando, semplificando, e anche innovando, con l’ottica di salvaguardare la vita, l’integrità fisica e psichica e la salute dei lavoratori. Abbiamo introdotto regole moderne, adeguate all’attuale organizzazione del lavoro e alle tecnologie esistenti, con la totale condivisione delle Regioni, dei sindacati e anche delle parti datoriali, che sono state più volte ascoltate. Le loro richieste, nella maggioranza dei casi, sono state recepite nel provvedimento, anche se poi non è mancata qualche critica, a causa della diversità di impostazione. La loro fondata sulle buone prassi, la nostra su regole chiare.

Abbiamo scelto come obiettivi la prevenzione, la formazione, l’informazione, il sostegno alle piccole e medie imprese, gli incentivi alle imprese virtuose, il coordinamento delle politiche e dell’azione di controllo e la partecipazione delle parti sociali, in coerenza con l’impostazione europea. Abbiamo ritenuto che fosse una conquista di civiltà avere una legislazione adeguata alla gravità del problema, non ancorata ad adempimenti formali, né pregiudizialmente punitiva, che contribuisse a creare una coscienza collettiva e a diffondere la cultura della legalità e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Infatti, sicurezza sul lavoro, contrasto al lavoro irregolare e ripristino della legalità violata sono termini inscindibili e rappresentano una sfida essenziale per chi ha come obiettivo la valorizzazione del lavoro, dei suoi diritti, della sua funzione sociale, della centralità che la nostra Costituzione gli riconosce. Siamo partiti dal presupposto che la sicurezza sul lavoro è uno dei temi più rilevanti che rappresenta lo specchio di un Paese avanzato, perché riguarda i diritti fondamentali della persona.

Crediamo di essere riusciti nel nostro intento e possiamo affermare con obiettività che il decreto 81 è una tra le leggi più avanzate in Europa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Tra le più importanti innovazioni apportate merita di essere citata l'estensione del campo di applicazione della normativa e la garanzia dell’uniformità della tutela dei lavoratori sull’intero territorio nazionale. Le tutele in materia di sicurezza vengono infatti, con la riforma, applicate a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio, tenendo conto delle peculiarità della specificità di settori ed ambiti lavorativi, a tutti i lavoratori e le lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati. Abbiamo dunque realizzato l’aumento e l’estensione del livello di tutela dei lavoratori.

Abbiamo scelto come architrave dell’intero impianto la prevenzione che si fonda sul Documento di Valutazione dei Rischi ma che passa dall’informazione, dalla formazione, dalla qualificazione delle imprese. E abbiamo ritenuto altro elemento essenziale di riforma il fronte dei controlli, cercando di coordinare, sia a livello centrale che territoriale, le diverse attività per ottenere maggiore efficacia dell’azione pubblica ed evitare sovrapposizioni e dispersione di risorse. Il sistema creato si fonda sul coordinamento tra i due Ministeri, del Lavoro e della Salute, e le loro articolazioni territoriali, quindi Direzioni Regionali e Provinciali del lavoro e ASL, oltre alla sinergia con gli enti competenti.

Crediamo, insomma, di aver lavorato in maniera adeguata per una buona riforma. Tuttavia se guardiamo le statistiche osserviamo che, se è vero che i dati dal 2009 fino a quelli del primo semestre 2011 risultano confortanti, è altrettanto vero che i numeri degli infortuni continuano ad essere inaccettabili, così come le quasi 3 morti sul lavoro al giorno testimoniano che quanto fatto non è ancora sufficiente. Siamo ancora lontani dall’obiettivo “infortuni zero” e non possiamo permettere che si perpetui la lunga teoria di vittime, dalla Thyssen a Campello sul Clitunno, da Genova a Siracusa, fino all’ultima tragedia di Barletta che ha visto cinque donne morire per 4 euro all’ora. Non possiamo permetterci di convivere con tali tragedie che non sono frutto della fatalità ma di inadempienze e irregolarità.

Sentiamo quindi la responsabilità di continuare in questo lavoro per contrastare il tributo di sangue e riteniamo opportuno farlo seguendo tre direttrici: la prima è quella del completamento dell’attuazione del testo unico, in molte parti non ancora realizzata; la seconda l’intervento sul decreto 106 del 2009, correttivo del testo unico, che ha apportato modifiche peggiorative, seppure non è riuscito a destrutturare l’impianto di base; la terza è quella di alcune linee di intervento che innovino ulteriormente rispetto a quanto già prodotto.

Per quanto riguarda l’attuazione del decreto 81 da parte dell’attuale governo, va segnalato che abbastanza è stato fatto per quanto riguarda il completamento del quadro istituzionale. Tuttavia, per quanto riguarda i Comitati Regionali di Coordinamento, previsti all’art. 7, sono istituiti in quasi tutte la regioni, ma va sottolineato che in molte realtà non funzionano in maniera adeguata ed efficace. Occorre quindi a tal proposito prevedere delle modalità di ulteriore razionalizzazione e potenziamento del coordinamento, soprattutto a livello periferico, per rendere effettivo il principio dell’uniformità della tutela sull’intero territorio nazionale e realizzare una reale efficacia degli strumenti di vigilanza.

Un altro tassello fondamentale, che manca nell’attuazione della riforma, è la realizzazione del cosiddetto SINP (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione), strumento indispensabile per la condivisione dei dati relativi alla salute e sicurezza e alla vigilanza, pensato per realizzare una reale sinergia tra le Amministrazioni, evitare sovrapposizioni di interventi, e garantire un utilizzo efficace delle risorse da destinare alla prevenzione di infortuni e malattie professionali e alla vigilanza. Manca inoltre il Regolamento che dovrà disciplinare le “particolari esigenze” delle Università e delle scuole in materia di salute e sicurezza sul lavoro, normativa essenziale per la diffusione della cultura della sicurezza.

E’ da portare a termine anche la realizzazione del sistema delle qualificazione delle imprese, essenziale strumento di prevenzione perché consente di selezionare quali imprese hanno i requisiti per operare.

In attuazione di quanto previsto dal Testo Unico invece la Commissione Consultiva ha predisposto il documento per l’identificazione degli orientamenti pratici per le determinazione delle c.d. ESEDI (“Esposizioni Sporadiche di Debole Intensità”) in materia di amianto, ai sensi dei commi 2 e 4 dell’articolo 249 del D.Lgs. n. 81/2008, e s.m.i., approvato dalla Commissione consultiva in data 19 gennaio 2011, divulgato tramite lettera circolare e pubblicato sulla sezione “sicurezza nel lavoro” del sito www.lavoro.gov.it e del quale si è data notizia sulla “Gazzetta Ufficiale” della Repubblica Italiana.

E’ stato anche istituito il Comitato consultivo per l’aggiornamento dei valori limite dell’esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici (art. 232, comma 1, D.lgs. n. 81/2008), insediatosi lo scorso luglio e che ha già svolto le proprie attività in relazione al recepimento (entro il 18/12/2011) dei valori di esposizione di cui alla direttiva n. 2009/161/UE.

Sulla seconda linea di intervento, riguardo le modifiche apportate dal 106, occorre cancellare il depotenziamento non giustificato prodotto su parte delle sanzioni e soprattutto va ripristinato il principio, per noi essenziale, di una corrispondenza tra entità delle sanzioni e gravità del rischio. Vanno inoltre eliminate le modifiche apportate dal Ministro Sacconi per quanto riguarda il Documento di Valutazione dei rischi, che noi riteniamo non elemento formale. A questo proposito, va sottolineato che la Commissione Europea, attraverso la costituzione in mora, ha recentemente contestato all’Italia queste norme per presunta contrarietà alle previsioni della direttiva 89/391. Il che conferma che il decreto 106, è “peggiorativo”, dal lato delle tutele, rispetto all’81.

Infine, molto si può e si deve fare per migliorare e innovare ulteriormente la normativa, ma anche prevedere azioni per un sempre più efficace contrasto agli infortuni e garantire il rispetto delle regole.

Pensiamo per esempio alla riproposizione di attività promozionali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che avevamo previsto per gli anni 2008, 2009, 2010, finalizzati a campagne di comunicazione, attività di formazione, progetti di investimento per le piccole e medie imprese.

Pensiamo ad interventi che potenzino l’attività di ricerca e di aggiornamento continuo sulla base dei rischi emergenti. A tal proposito sarebbe importante prevedere in Italia, come avviene in altri Paesi europei, un’Agenzia pubblica che coordini le politiche e le attività di studio e ricerca sui temi delle condizioni di lavoro e sulle strategie di prevenzione e di tutela. L’accorpamento di Inail e Ispesl ha prodotto qualche problema e va probabilmente rivisto, perché potrebbe determinare un abbassamento di attenzione sul piano della ricerca, prevalendo la mission assicurativa dell’Inail.

Pensiamo ad un potenziamento delle attività di formazione, da concordare con le Regioni.

Pensiamo ad un piano straordinario di vigilanza sul versante del rispetto delle norme sulla sicurezza e di contrasto al lavoro nero.

Pensiamo ad interventi mirati nell’ambito del reinserimento degli infortunati.

Pensiamo infine ad un Piano di interventi riabilitativi per il recupero degli infortunati che consenta una accelerazione del loro reinserimento nell’attività lavorativa.

 

Noi, come Partito Democratico, non riteniamo di aver concluso il lavoro.

Ricominciamo da qui, perché siamo convinti di dover continuare nell’impegno per promuovere, in modo condiviso con le parti sociali, la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Ricominciamo da oggi a lavorare insieme, con la convinzione che, anche in un periodo di crisi, un lavoro sicuro e di qualità deve rappresentare un diritto e non un privilegio.

 

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