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Di: Lavoro&Welfare di giovedì 24 maggio 2012 15:12

“Essere giovani è non possedere se stessi.

di Emilia Basile


In questi ultimi tempi c’è stato e continua ad esserci un attacco molto forte contro i giovani precari. Come nella frase di Pavese essi non posseggono loro stessi ed il loro mestiere di vivere sta diventando sempre più difficile. Li si è colpevolizzati, come ha fatto un ex ministro, di essere i parassiti della società e quindi, si poteva percepire l’accusa rivolta loro di trovarsi totalmente fuori dal mercato del lavoro per una presunta incapacità di adattarsi a lavori più umili. Un altro ex ministro infatti, puntava il dito sul fatto che i giovani dovrebbero essere formati dalle scuole per i lavori manuali. Si pensi poi ai ministri e viceministri successivi, agli attacchi che i giovani stanno continuando a subire senza poter rispondere, se non con sfoghi sui social network o blog o siti che contrastano la precarietà come “Il nostro tempo è adesso”: mi riferisco alla sortita della monotonia del posto fisso, ai giovani perennemente precari destinati a cambiare lavoro, – sempre che non lo si perda senza possibilità di averne un altro -, ai mammoni che restano vicino ai genitori e agli sfigati che si laureano troppo tardi. I giovani dunque, oltre a subire l’odiosissimo precariato, si vedono descritti con epiteti e frasi che rivelano una totale mancanza di rispetto nei loro confronti. Essi rappresentano, come ha descritto in maniera precisa Ilvo Diamanti, veramente la generazione degli invisibili, quelli che non hanno modo di poter presentare le loro idee e le loro necessità alla politica che li sta lentamente dimenticando. Si fa pochissimo per loro o quasi nulla. Li si è lasciati in balia della crisi, non curandosi di porre rimedio alla piaga sociale della disoccupazione giovanile: uno su tre è senza lavoro. E li si è lasciati altrettanto soli ed in balia di uno scoraggiamento, che non è dovuto ad altro che ad una mancanza di opportunità lavorative. Le giovani donne stanno subendo questo attacco ancora di più. Non sono solo indifese nel mondo del lavoro, precarie, licenziate, si pensi ad esempio alle lavoratrici della Omsa, o della Ma-Vib o all’articoletto stupido apparso su Libero sulle donne che devono restare a casa. Le colpe non possono solo essere del malgoverno degli ultimi vent’anni. Ma di tutti: imprenditori compresi, che invece, di salvaguardare posti di lavoro in Italia, buttano per strada le persone e delocalizzano. Nemmeno a livello europeo si è cercato di far sì che i giovani lavoratori e le lavoratrici in tutta Europa avessero lo stesso stipendio, gli stessi diritti. I giovani non sono mammoni, non vogliono il lavoro vicino casa, molti hanno studiato anche fuori dalla propria regione; i giovani non sono degli sfigati se si laureano a ventotto anni, anzi, avranno sicuramente affrontato esami più duri e difficili di altri loro colleghi in università più prestigiose; i giovani non sono dei parassiti, come già detto, li si è costretti ad essere fuori dal mercato del lavoro per colpa di una crisi che non si è saputo affrontare a livello politico ed europeo. I giovani, leggendo le loro riflessioni sul sito de “Il nostro tempo è adesso”, sono stufi dei raccomandati. I raccomandati sono i parassiti e la feccia della società. Inutile, che qualche ministro dica che la figlia, che ha due lavori proprio grazie ai propri genitori, se li sia meritati, perché in Italia come lei, laureate in medicina e chirurgia con 110 e lode ce ne sono tantissime. Molte persone si vedono anche negare la propria aspirazione a diventare oncologhe per colpa di chi conosce questo e quest’altro e si fa spingere nei concorsi per la specializzazione. Restano moltissime domande che non troveranno risposta, perché fanno parte della generazione degli invisibili, quelli a cui si nega persino una risposta: quando questa società diventerà più seria? Quando questa società darà l’opportunità a tutti i laureati di partecipare ad un concorso con i posti che non siano stati già assegnati? Quando in questa società le aspirazioni dei giovani non verranno messe come ultime, ma bensì come prime nell’agenda dei politici? Concludo con due frasi che devono fare riflettere: la prima è di Alessandro Robecchi: «L’attuale ministro del lavoro proviene da un ceto umile, da cui si è però affrancata. Sua figlia, invece, è docente come i genitori. E’ questo il punto, più che i favoritismi: oggi salire la scala sociale è diventato molto più difficile. Perché siamo una società bloccata, con una forbice crescente tra ricchi e poveri»; l’altra è del grande scrittore Oscar Wilde e si lega alla precedente per l’importanza del denaro: “Oggigiorno i giovani credono che il denaro sia tutto, e quando sono grandi ne hanno la certezza”, poiché la forbice del divario tra ricchi e poveri ritorna di nuovo e colpisce il futuro.

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