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Di: Lavoro&Welfare di domenica 30 settembre 2012 22:43

Fiat: strategie e nuovi modelli


L’accordo industriale tra Fiat e Chrysler ha certamente rilanciato l’industria americana dell’auto, mentre Fiat sta subendo la crisi delle vendite in Europa. Fiat e Chrysler sono in fase di espansione in Brasile con la costruzione di un nuovo stabilimento e nuovi modelli. Nell’est Europa gli stabilimenti in Polonia e in Serbia sono una buona testa di ponte per mercati in espansione, ma è un serio limite l’assenza di un accordo strutturato in Russia. Gli accordi in India con Tata ed in Cina con GAG (nuovo stabilimento) sono positivi, ma l’assenza di una partner in Giappone, se si esclude l’acquisto di un modello, la 16 da Suzuki, evidenzia un elemento di criticità. Gli accordi sul piano industriale sono importanti, poiché consentono di ammortizzare su più vetture l’investimento per lo sviluppo di una nuova piattaforma. Si deve considerare, infatti, che una vettura è composta mediamente da quindici mila pezzi e gli investimenti in ricerca e sviluppo sono elevati.

Sul mercato europeo la gamma Fiat si è ampliata con la vendita di prodotti americani, Freemont (con motori Multjet), Compass, Cherokee, Wrangler, Flavia e Thema. Di converso sono state esportate e prodotte in America vetture come la 500, motori JTD, oltre che vetture sportive di alta gamma Maserati e Ferrari. La Dodge Dart nasce su piattaforma Giulietta e il 1400 cc MultiAir Turbo è uno dei tre motori con cui è commercializzata. Vettura analoga viene costruita con marchio Fiat e GAG in Cina e viene chiamata Viaggio. La Nuova Lancia Ypsilon e Delta sono commercializzate nel Regno Unito con il marchio Chrysler, che ha una maggior tradizione nelle vetture a guida destra. In ogni caso, tra Fiat e Chrysler, si sta procedendo velocemente alla condivisione dei prodotti e dei processi, allo stesso modo prosegue la definizione di standard tecnici che uniformino lo sviluppo della produzione, aspetto che rileva una consistente differenza rispetto ad altre fusioni realizzate in passato (GM, Opel, Fiat oppure Chrysler, Mercedes). Risulta inoltre evidente la divisione del lavoro di progettazione: in Europa, le vetture piccole, medie e sportive; negli Stati Uniti vetture grandi, fuoristrada e lo sviluppo del motore elettrico da integrare al nuovo bicilindrico.

Torino produzione e progettazione

Il blocco della progettazione prima della nuova Punto, poi ad agosto del piccolo SUV Fiat e Jeep da costruire a Mirafiori, pone problemi di prospettiva allo stabilimento, anche se continua la progettazione a Torino del medio SUV Jeep. In questa situazione di forte contrazione di mercato, un’ipotesi che circola all’interno dell’azienda riguarda la condivisione dei costi di progettazione e la produzione, con altri partner industriali, della vettura di classe B (Nuova Punto), così come è avvenuto per la classe A (500 e Ford Ka a Tychy in Polonia) o la classe C. In tal senso si è parlato della Suzuki e della Mazda, su cui sono apparse delle indiscrezioni giornalistiche. La Fiat fornisce già oggi i motori Multjet alla Sweet della Suzuki mentre la Mazda è l’unico produttore giapponese che non ha una base produttiva in Europa. A oggi la nuova linea di Pomigliano è saturata al 50%, Mirafiori, Melfi e Cassino non superano il 20-30% della capacità produttiva complessiva, si può calcolare che le attuali due linee di Mirafiori hanno una disponibilità produttiva largamente inutilizzata di 330.000 vetture/anno. Mentre la linea Idea - Musa è datata, quella della Mito è composta di ganci girevoli quasi di ultima generazione, adattabili a una produzione promiscua. Dato che in Italia non sussiste la condizione della Serbia, dove la costruzione dello stabilimento è stata parzialmente finanziata dallo Stato e dalla Comunità Europea, perciò, nell’attuale situazione di crisi del mercato, saturare le linee esistenti può essere un’ipotesi di buon senso, alternativa alla costruzione di nuove linee, almeno per il momento.

Per quanto riguarda la progettazione, un aspetto positivo dell’accordo con Chrysler consiste nel fatto che la Fiat è stata costretta ad attrezzarsi per reggere il confronto tecnico, poiché i rapporti di potere, l’egemonia, nel medio periodo si esercitano in funzione del know how posseduto. Per questo la progettazione delle auto, a Torino, si è profondamente modificata rispetto agli anni 90. Negli anni passati la progettazione di vetture del gruppo Fiat era affidata, chiavi in mano, a studi tecnici torinesi di elevata dimensione, come Uts/Comau Engineering e Giugiaro. Gli stessi studi tecnici, con altri minori, eseguivano la progettazione per case automobilistiche tedesche, francesi, russe e cinesi. Negli ultimi anni la Fiat, con passaggi successivi, ha assorbito i tecnici di Comau Engineering, in questo modo portandosi in casa una mole importante di competenze e anche esperienze fatte con la concorrenza. Si deve aggiungere che contemporaneamente la Wolkswagen ha assorbito il gruppo di Giugiaro.

L’obbligo del cambiamento

Da quanto si legge sugli organi d’informazione, sembra che le trasformazioni in atto siano poco comprese sia dal governo, che dovrebbe esercitare le politiche industriali, sia dal sindacato, che ha il compito di tutelare i lavoratori. Nel consiglio di amministrazione di Chrysler o nel Comitato di indirizzo di Wolkswagen, governo/regione e sindacato, sono soggetti che esercitano un ruolo di indirizzo e di controllo. In Italia il Consiglio di amministrazione di Fiat non deve condividere scelte come in America o in Germania, benché abbia ricevuto e riceva risorse pubbliche attraverso la gestione degli ammortizzatori sociali. A differenza degli Stati Uniti il sindacato italiano non può impiegare le risorse, derivanti dalla gestione dei Fondi Pensione, per acquisire titoli azionari delle aziende. Tuttavia l’esperienza dimostra che reggono meglio il mercato quelle aziende dove esiste la cogestione tra i diversi soggetti. Proprio la carenza di risorse indica la necessità che anche la Fiat vada verso una gestione “cooperativa” come Chrysler e Wolkswagen. Su questo tema sarebbe opportuno un dibattito approfondito, partendo dal presupposto che il rilancio si effettua se ognuno per quello che gli compete, cambia il proprio approccio al problema. A fronte i cambiamenti dettati dalla crisi è deleterio non compiere scelte coraggiose, anche perché non è vero che la “mano invisibile” del mercato sistema tutto, opinione spesso condivisa anche dai nostri governi. D’altra parte la rappresentatività da parte dei sindacati non si afferma “firmando a prescindere” o delegando ai giudici. L’idea della “cooperativa”, visto che in altri paesi funziona, va affrontata e chi per abitudine assume un atteggiamento conservatore, deve semplicemente domandarsi “perché no?”.

Pinot Pautasso, operaio Fiat

 

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