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Di: Lavoro&Welfare di martedì 25 marzo 2014 10:10

I centri per l’impiego

di Monica Gregori

Il sistema italiano dei Servizi pubblici per l’impiego (SPI) fu creato nel 1949 attorno alla rete degli Uffici di collocamento, che avevano principalmente il compito di certificare assunzioni e licenziamenti e dichiarare lo stato di disoccupazione, da cui dipendeva l’accesso ad una serie di prestazioni e benefici pubblici. Il collocamento era gestito in regime di monopolio dallo Stato e operava secondo il principio della chiamata numerica, cui si poteva derogare solo in caso di professionalità elevate o di assunzione di familiari. Il datore di lavoro, in altre parole, non poteva scegliere chi assumere, ma solo presentare una richiesta di avviamento al lavoro, specificando il numero di lavoratori richiesti e la loro qualifica. Era poi l’Ufficio di collocamento competente per territorio a disporre l’avviamento al lavoro secondo l’anzianità di disoccupazione.

Il sistema di collocamento pubblico rimase quasi del tutto inalterato fino agli anni ’90, quando fu dapprima abrogata la chiamata numerica in favore della c.d. chiamata nominativa e poi completamente liberalizzato il sistema delle assunzioni, introducendo l’assunzione diretta e abolendo l’obbligo della richiesta preventiva. Il collocamento obbligatorio rimane tutt’oggi in vigore solo per disabili e categorie protette. Questo fu solo l’inizio di una riforma complessiva del sistema di mediazione e collocamento dei lavoratori, resosi necessario anche a fronte di una sentenza della Corte di Giustizia Europea che denunciava la mancanza di concorrenza nel settore in Italia. Il c.d. “Pacchetto Treu”sancì la fine del monopolio pubblico del collocamento e affidò la fornitura del lavoro interinale ai privati, purché iscritti in un apposito albo istituito presso il Ministero del lavoro. L’architettura attuale del sistema italiano degli SPI è stata definita dalla riforma Bassanini sulla semplificazione e il decentramento amministrativo. Tra le funzioni delegate dallo Stato alle Regioni rientravano quelle in tema di mercato del lavoro, per armonizzare le politiche dell’orientamento, della formazione e del collocamento, organizzando un servizio pubblico in grado di prendersi concretamente carico dell’inclusione lavorativa dei disoccupati. Anche le funzioni di gestione attiva del mercato del lavoro venivano delegate alle Regioni, e da queste alle Province e ad altri Enti locali, in base al principio di sussidiarietà, con il fine prioritario di rendere più flessibili i servizi.

Va da se che un sistema così strutturato necessita di alcuni cambiamenti per adeguarlo ad un mercato del lavoro profondamente trasformato e dove si è fatta sentire la crisi economica. L'attivazione della garanzia per i giovani, così come il ritorno al centro del dibattito pubblico delle politiche attive per il lavoro, hanno rappresentato una grande occasione per mettere mano ad una riforma dei servizi per l'impiego. Del resto, la strutturazione di una rete efficace ed efficiente di centri per l'impiego è una delle priorità che l'Unione europea ha inserito nel pacchetto occupazionale 2014-2020.

Lo scorso giugno la Commissione europea con coraggio ha continuato a migliorare il pacchetto occupazione comunitario presentando una proposta di decisione volta ad aiutare i servizi pubblici per l’impiego e a perfezionare la propria efficacia anche a livello transnazionale, aumentando la cooperazione tra i vari Stati membri. Anche da Bruxelles sembra ormai chiaro che in Europa in generale, ma in alcuni Stati della fascia mediterranea in particolare, come l’Italia, esiste un vero e proprio gap da colmare in tema di abbinamento tra persone con competenze specifiche e offerta di lavoro. Secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio europeo dei posti di lavoro vacanti, infatti, nonostante i livelli galoppanti della disoccupazione, resterebbero vacanti circa 1,7 milioni di posti di lavoro. Làszlò Andor, Commissario europeo per l’occupazione e gli affari sociali, ha lanciato un messaggio chiaro a tutta l’Unione “occorre migliorare l’efficienze e l’efficacia dei servizi pubblici per l’impiego che svolgono un ruolo chiave nell’attuazione delle politiche del mercato del lavoro”.

La scelta della Commissione di lanciare questa iniziativa come decisione e non come regolamento o direttiva è una chiara scelta politica oltre che tecnica, ma pochi sembrano essersene accorti, in particolare il governo italiano. A livello comunitario, la decisione viene, infatti, sempre più utilizzata per avviare forme di cooperazione rafforzata su determinate materie particolarmente sensibili, per cercare di porre un freno a quella che viene spesso chiamata “Europa a due velocità”, cercando di omogeneizzare il più possibile l’andamento delle politiche comunitarie e dei risultati che vengono raggiunti in una parte dell’Unione piuttosto che un’altra. Specificatamente, la decisione, soprattutto dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, può essere rivolta a Stati o a gruppi di Stati e, nel caso specifico, la Commissione ha chiesto all’Italia e ad altri Paesi ad alto tasso di disoccupazione di istituire al più presto una sorta di cooperazione rafforzata per riformare i servizi per l’impiego. I contenuti della proposta sono vari, ma il suo core riguarda l’istituzione di una piattaforma che sappia mettere a confronto le prestazioni dei servizi pubblici per l’impiego sulla base di valori di riferimento pertinenti, a individuare migliori pratiche e promuovere l’apprendimento reciproco. La rete inoltre, così strutturata, sarebbe in grado di fornire sostegno all’attuazione del pacchetto occupazione 2014-2020, soprattutto alla Garanzia per i giovani, che non puà esistere senza un adeguato sistema di politiche attive per il lavoro.

In questi ultimi anni, si è del resto allargata la crisi legata al funzionamento dei centri per l'impiego. Secondo le ultime stime,tra quelli che hanno trovato lavoro nell'ultimo anno solo l'1,4 per cento dei giovani si era rivolto al centro per l'impiego – a fronte della prevalenza dei canali informali (il 77 per cento dei disoccupati lo cerca tramite reti di amici, di parenti e di conoscenti). Nell'ambito dei lavori parlamentari della Commissione lavoro, il Pd ha dunque ritenuto prioritario affrontare tale tema. Nelle conclusioni dell'indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, è stata, dunque, evidenziata l'esigenza di rilanciare il sistema del welfare attivo, attraverso la valorizzazione dei centri per l'impiego, che, integrati in un sistema capace di interagire tra le diverse parti, dovrebbero assumere un ruolo decisivo nella riqualificazione dei lavoratori, così come l'importanza di interventi volti a facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, tra formazione e riqualificazione professionale e tra il mondo della scuola e quello del lavoro, giudicando favorevolmente il ricorso a strumenti di ponte generazionale (part time con patto generazionale), al fine di accompagnare l'allungamento della vita lavorativa in relazione alle modifiche intervenute nel sistema pensionistico, aiutando i giovani ad entrare nel mercato del lavoro.

L'indagine della Commissione lavoro fa poi riferimento alla qualità dei servizi offerti dai Centri per l'impiego che risulta nel complesso ampiamente insoddisfacente, nonostante alcune positive eccezioni, collocate in particolari aree del Paese. I Centri per l'impiego intermediano appena l'1,6 per cento della nuova manodopera (dati Istat, 2012). Tre giovani NEET su quattro non hanno avuto contatto con i Centri per l'impiego negli ultimi sette mesi, mentre tra coloro che ad essi si sono rivolti, più della metà lo hanno fatto (nel medesimo arco temporale) con un unico contatto.
Dai confronti internazionali sulla ripartizione della spesa per le politiche del lavoro, emerge che il livello di investimenti pubblici nei Servizi per l'inserimento nel mercato del lavoro si colloca sensibilmente al di sotto della media europea (appena un quinto). Inferiore alla media europea (sebbene in termini assai meno evidenti) risulta anche la spesa per Politiche attive, mentre la spesa per Integrazioni al reddito e, in particolare, la spesa per Pensionamenti anticipati, sopravanzano la media europea. Le difficoltà dei Centri per l'impiego si legano alla grave carenza di personale (appena 7.500 addetti, molti dei quali precari, a fronte dei 77.000 della Gran Bretagna e i 115.000 della Germania), a un quadro di competenze normative e amministrative disarticolato (strutturato su tre livelli – Stato, regioni e Province – e, soprattutto, segnato dalla mancanza di un soggetto a livello nazionale con funzioni di coordinamento dell'intero sistema), alla scarsa interoperabilità degli uffici, alla mancanza di un efficace raccordo con gli altri operatori pubblici (scuola, università) e privati (agenzie per il lavoro e sistema della bilateralità).

Occorrono, dunque, interventi rapidi ed efficaci, che facciano leva su meccanismi volti a premiare le strutture più efficienti, sulla base di indicatori che tengano conto non tanto dell'attività di intermediazione genericamente svolta, quanto dei risultati occupazionali effettivamente ottenuti. Tale mutamento richiede, non v’è dubbio, la disponibilità di adeguate risorse, in primo luogo umane. A tal fine appare opportuno, a fronte dei limiti derivanti del processo di contenimento dei costi del pubblico impiego, considerare in via prioritaria l'attivazione di processi di mobilità interna alla pubblica amministrazione, operando tutte le razionalizzazioni possibili al fine di convogliare risorse umane sull'emergenza occupazionale. Senza un'ampia e solida «infrastruttura» del mercato del lavoro (che faccia decisamente leva anche sulle agenzie private), del resto, la stessa attivazione della Youth Guarantee nel nostro Paese appare fortemente a rischio. I dati sono stati confermati di recente anche dal Primo Rapporto sul monitoraggio dei centri per l'impiego, elaborato dal Ministero del Lavoro, evidenziando ancora una volta una forte asimmetria territoriale in merito ai servizi e al funzionamento dei centri per l'impiego.

Un importante riferimento al ruolo dei servizi per l'impiego è contenuto anche nella Legge n. 99/13 in relazione alla crescente disoccupazione giovanile che interessa il nostro Paese. È stata, infatti, costituita presso il Ministero del Lavoro una Struttura di missione che, in via sperimentale, fino al riordino dei Servizi stessi e comunque fino al 31 dicembre 2015, si occupa di garantire l'efficace attuazione della Garanzia giovani e promuove la ricollocazione dei soggetti beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga. La Struttura individua le linee-guida nazionali, da adottarsi anche a livello locale, per la programmazione degli interventi di politica attiva e promuove, indirizza e coordina gli interventi di competenza del Ministero del Lavoro, di Italia Lavoro e dell'Isfol. Proprio in merito alla struttura di missione e i centri per l'impiego, il Pd ha svolto una importante opera di arricchimento dei contenuti della struttura in sede parlamentare. L'ordine del giorno approvato in aula nell'agosto del 2013, nelle more della conversione della Legge n. 99/13, impegna il Governo a a far sì che la Struttura di missione, operando in linea con gli standard e la normativa dell'Unione europea in materia, favorisca l'elaborazione delle migliori strategie rivolte all'utilizzo degli strumenti finanziari europei di riferimento, la corretta attuazione della Garanzia per i giovani e la nascita di partenariati rivolti alla sensibilizzazione delle politiche giovanili europee, attuando, altresì, il monitoraggio sugli sviluppi relativi alla progettazione, all'attuazione e ai risultati della Garanzia per i giovani; nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà, oltre a quello di leale collaborazione, alla salvaguardia dei differenti contesti socio-economici territoriali, attraverso l'interazione con i competenti enti regionali nell'attuazione dei programmi operativi volti all'utilizzo dei Fondi strutturali dell'Unione europea, in particolare delle risorse provenienti dal quadro finanziario pluriennale 2014-2020 in favore dell'occupazione giovanile; al coinvolgimento del Parlamento soprattutto in merito al monitoraggio degli interventi relativi alla Garanzia per i giovani e alla formulazione delle proposte di miglioramento dell'azione amministrativa; nelle more della composizione della struttura di missione, così come in materia di costituzione della Banca dati delle politiche attive e passive, al coinvolgimento delle Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative; all'avvio di una fase di riforma dei servizi pubblici per l'impiego in grado di sviluppare una rete nazionale di governance integrata e capace di unificare politiche attive e passive del lavoro, sulla base dei medesimi standard di qualità ed efficienza raggiunti dagli altri Paesi europei.

Presso il Ministero del Lavoro è stata poi istituita la Banca dati delle politiche attive e passive, finalizzata a razionalizzare gli interventi di politica attiva di tutti gli organismi centrali e territoriali coinvolti e di garantire una immediata attivazione della Garanzia per i giovani. La banca dati dovrà rappresentare uno strumento fondamentale per riorganizzare i servizi all'impiego. La banca dati, infatti, confluiranno tutti gli elenchi di destinatari di prestazioni di sostegno del reddito, nonché l’anagrafe nazionale degli studenti e dei neo laureati, nonché la dorsale informativa riguardante i percorsi formativi dei lavoratori. Una volta a regime la banca dati dovrebbe contenere le informazioni da collocare nel mercato del lavoro, i servizi erogati per una loro migliore collocazione nel mercato stesso e le opportunità di impiego. Alla costituzione della Banca dati delle politiche attive e passive concorrono le Regioni, l’INPS, Italia Lavoro, il MIUR, le università pubbliche e private e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Ancora lo scorso novembre 2013, il documento finale approvato dalla Commissione lavoro alla Camera dei Deputati sulla Comunicazione della Commissione europea “Lavorare insieme per i giovani d’Europa – Invito ad agire contro la disoccupazione giovanile” (COM(2013)447 final), esprime la necessità di addivenire a una migliore e più chiara definizione di tutte le politiche attive e un più efficace coordinamento tra i vari Ministeri sulla questione della ripartizione delle competenze in materia di politiche attive per il lavoro, anche alla luce della prospettata riforma dell’assetto territoriale dello Stato; così da riformare la rete dei servizi per l’impiego tenendo conto della proposta di decisione della Commissione europea volta a migliorarne l'efficacia anche a livello transnazionale, aumentando la cooperazione tra i vari Stati membri. Tutto ciò, serve anche per assicurare la concertazione con parti sociali, associazioni datoriali, organizzazioni sindacali, società civile, università e scuole, al fine di raccogliere contributi fattivi al Piano nazionale di attuazione, operando con la struttura di missione, nonché allo scopo di definire il ruolo di ciascun attore e del contenuto delle prestazioni da offrire nell'ambito di un sistema integrato di sostegno ai giovani

Concludendo, il Governo deve e può fare di più, recependo in pieno i noti rilievi sollevati dalla XI Commissione nelle more dell’indagine conoscitiva sullo stato della disoccupazione e riguardanti il rischio che senza una vera riforma nazionale dei servizi all’impiego qualsiasi strumento comunitario rischia di essere vano.

 

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