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Di: Lavoro&Welfare di mercoledì 19 febbraio 2014 15:45

Il Punto sulla CIG 2013

Con il 2013 si chiude un altro anno molto pesante per l’economia del nostro Paese, conseguentemente vi è stata una richiesta di sostegno massiccio sia verso la crescente disoccupazione sia verso la CIG.

Le domande di disoccupazione sono cresciute solo negli ultimi undici mesi del +32,5% con oltre un milione e novecento mila nuove domande.

La richiesta di Cig ha superato oltre il miliardo di ore, per la terza volta negli ultimi quattro anni, stabilizzando una crisi produttiva che non vede la fine.

È un altro segnale evidente che la crisi nel nostro Paese è più profonda rispetto al resto dell’Europa, e che presenta segni evidenti di crisi strutturale del sistema produttivo.

Il quadro generale richiede un vero cambio di passo, i dati sulla Cig non fanno altro che confermare una situazione produttiva che ristagna (da aprile 2008 -23,9%), dove stare fermi, mentre gli altri si muovono, è allungare le distanze che ci separano sempre più dalle economie più forti.

L’anno 2013 si chiude con una leggera riduzione sul 2012 (-1,36%), ma con una dinamica interna agli interventi (Cigo-Cigs-Cigd) molto diversa.

La Cigo cresce nel 2013 a oltre 340 milioni di ore, anche se di poco sul 2012 (+2,37%), e lo fa in quasi tutti i settori merceologici. (TAV.1)



 

La Cigs cresce nel 2013 a oltre 450 milioni di ore, cresce in modo significativo (+14,64%), sale in 14 settori merceologici e tutti ad alta presenza industriale e intensità di occupazione, cresce in quindici regioni con forte incremento in quelle più industrializzate.

La Cigd cala ed anche consistentemente, dopo l’aumento che c’è stato nel mese di novembre (+134,91%) a chiusura del 2013, fa registrare una significativa caduta (-22,93%), è un risultato non attribuibile a un miglioramento, ma maturato soprattutto a fronte di un aumento della disoccupazione e della riduzione dei finanziamenti destinati dalle regioni a questo scopo.

La dimensione della crisi strutturale, soprattutto del settore industriale manifatturiero, sta tutta nei numeri della Cigs e delle aziende che rientrano nei criteri di attribuzione della Cigs e che continuamente aumentano nei ricorsi ai decreti di crisi.

Nel 213 si sono aggiunti a quelli degli anni precedenti altri 6.838 decreti (+10,45%), per oltre 12.000 unità aziendali territoriali (+9,08%). (TAV.2)



Sono per il 56% di crisi aziendale, mentre le attivazioni dei decreti che indicano qualche tentativo di risposta alle difficolta con piani d’intervento sono sempre di meno.

Le domande per ristrutturazione aziendale scendono ancora (-9,17%), sono solo il 3,19% del totale, mentre le domande per riorganizzazione aziendale (-7,46%), sono solo il 3,63% del totale.

La Cig nel 2013 ha inciso su ogni lavoratore, occupato nei soli settori industriali, per 157 ore per addetto, praticamente un mese di lavoro in meno per ogni occupato nel settore industria.

Tutte queste ore di CIG si sono tradotte per milioni di lavoratori oltre all’assenza o perdita del posto di lavoro anche in una forte riduzione del proprio reddito per se e per la collettività.

Se rapportiamo le ore di CIG a equivalenti lavoratori a zero ore lavorative, abbiamo un risultato costante negli ultimi quattro anni di oltre 500 mila lavoratori senza attività produttiva, con una perdita di salario per ogni lavoratore coinvolto a zero ore di oltre 8.000 euro al netto delle tasse.

Complessivamente, attraverso i lavoratori coinvolti, con riflessi per tutta la comunità, si è avuta una perdita di reddito disponibile per oltre 4 miliardi e 125 milioni di euro al netto delle tasse. (TAV.3)



Di questi lavoratori, in assenza di una ripresa produttiva, poco probabile nelle attuali condizioni, vi sono lavoratori che rischiano di più di perdere definitivamente il lavoro e il Paese di vedere sempre più ridotta la sua base manifatturiera.

Questi lavoratori e le aziende, sono quelli coinvolti nei processi di Cigs e di Cigd, dove il numero dei lavoratori equivalenti a zero ore che escono dal rapporto tra ore di Cig e settimane lavorative in un anno, è rispettivamente di oltre 200 mila in Cigs e oltre 130 mila in Cigd.

Questo resta pur sempre un calcolo ipotetico perché non considera un effetto moltiplicatore che c’è in caso di chiusura di azienda.

Con questo quadro di riferimento è difficile pensare a un miglioramento nel breve periodo e perciò il welfare e i suoi strumenti restano fondamentali per sostenere ancora questa fase.

Riformare in senso inclusivo si deve, troppi soggetti deboli sono fuori dal sistema, ma bisogna anche fare scelte, anche sul piano contributivo, che sostengano credibilmente il sistema di welfare, non si può pensare di redistribuire quello che non c’è. (Tav.4)



Tutto questo può si tamponare gli effetti della situazione, ma per una ripresa ci vuole molto di più, a partire da una politica per l’industria, dove i problemi di competitività investono tutte le debolezze del nostro sistema Paese.

Dai problemi d’energia, ai trasporti, agli investimenti in nuova tecnologia e infrastrutture, alle semplificazioni burocratiche, all'alleggerimento fiscale, alla ricerca, al sistema finanziario, alla istruzione e formazione, alla certezza nella legalità, per non parlare poi dei problemi legati alla dimensione delle imprese nazionali, alla loro internazionalizzazione, al mantenimento del controllo in nuove acquisizioni, e magari con la sede centrale dentro i confini nazionali.

Per essere grandi non c’è bisogno di stare in un grande paese, la Nestlé insegna.

 

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