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Di: Lavoro&Welfare di venerdì 12 luglio 2013 09:19

Lavoro: dal Governo un primo passo, ma resta da fare il lungo viaggio

Associazione “LAVORO&WELFARE” di Capitanata - Coordinamento Provinciale


Sul tema ha discusso il Coordinamento dell’Associazione Lavoro&Welfare di Capitanata, che da settembre promuoverà specifiche iniziative informative


“Anche un lungo viaggio incomincia con un passo”. Forse il Governo Letta si sarà ispirato a questo antico proverbio cinese nel dare vita ai recenti provvedimenti sull’emergenza occupazionale.


I continui richiami delle forze sociali e politiche e gli appelli pressanti dei massimi vertici istituzionali ad affrontare con atti concreti il dramma del non lavoro hanno avuto una prima risposta che si potrà tradurre nei prossimi giorni in nuove opportunità lavorative offerte a disoccupati con meno di 29 anni del Mezzogiorno in cambio di esenzioni contributive alle imprese che vorranno assumerli.


Identiche agevolazioni potranno essere usufruite da imprese che stabilizzeranno alcune decine di migliaia di rapporti di lavoro precari in corso. Si riducono infine i tempi per poter rinnovare una assunzione a termine.


Purtroppo, i lavoratori che otterranno dalle nuove norme una risposta al proprio diritto occupazionale saranno una piccola minoranza rispetto alla platea degli interessati. In termini percentuali, per oltre il 90% degli attuali disoccupati sono necessarie ben altre ed ulteriori misure.


Nel nostro territorio provinciale, sperando che le imprese del luogo rispondano adeguatamente, i provvedimenti del Governo potranno riguardare ottimisticamente 2/3000 lavoratori a fronte di 120.000 disoccupati.


Non sfugge certamente la necessità di reperire le risorse necessarie per promuovere interventi di creazione e di crescita occupazionale. Ma c’è l’esigenza che l’attenzione e l’azione del Governo non si facciano deviare strumentalmente su altri temi e non perseverino su immotivate teorie rigoriste, soprattutto oggi in seguito ad orientamenti e decisioni di politica economica nazionale ed europea che si apprestano ad utilizzare maggiori risorse finanziarie contro la crisi.


Il diritto al lavoro, oggi più che mai, riveste una funzione che non può limitarsi ad assecondare il profitto. Esso va perseguito con politiche pubbliche strutturali e settoriali, valorizzando e sostenendo in modo intelligente ed innovativo le attività produttive del territorio, a cominciare da quelle auto-imprenditoriali fatte nascere dai più giovani; inoltre occorre adeguare i luoghi ove devono trovare sintesi ed incontro la domanda e l’offerta di lavoro.


Su queste direttrici di politiche pubbliche l’Italia e i suoi Enti territoriali, tramite chi ci rappresenta in Europa, non possono fare scena muta ed assistere ad interventi finanziati dagli Stati dell’Unione Europea, quindi anche dal nostro, privi di ricadute reali in Italia, in quanto considerano esigenze poco pertinenti con il nostro contesto.


Promuovere le competenze e il merito e riqualificare le condizioni di vita e i servizi essenziali per i cittadini è essenziale per rimettere in moto la economia e ridare fiducia alle nuove generazioni, dunque queste azioni non vanno considerate solo come assistenzialismo. È anche in questa direzione che grandi nazioni come gli Stati Uniti stanno positivamente rispondendo alla crisi.


Va reso possibile l’allentamento dei vincoli del patto di stabilità per

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i Comuni che finalizzassero le risorse sbloccate ad obbiettivi vitali e strategici per la coesione sociale, come può essere appunto la creazione di nuova e valida occupazione. In tal senso è necessario che vengano incentivate dal Governo e dall’Europa le iniziative per lo sviluppo e per il lavoro sostenute da aggregazioni di Enti locali e di imprese, con la condivisione delle forze sociali.


La teoria secondo la quale una politica di restrizioni e di rigore generalizzato nella spesa pubblica e sociale sia la sola risposta per la ripresa, ha penalizzato pesantemente i ceti più deboli e non si è affatto rivelata positiva. Nella attuale situazione vanno piuttosto evitate spese fuori luogo, come quelle ingenti militari dell’acquisto degli F35, recuperandole ad interventi emergenziali che favoriscano il lavoro e offrano un futuro migliore a chi vive ai margini e al di sotto dei livelli di dignità.


Il debito pubblico si contiene nel Paese e negli Enti territoriali con l’eliminazione degli sprechi e combattendo l’evasione fiscale, non annullando o svuotando di risorse funzioni fondamentali o addirittura rendendo inutile formarsi e studiare. Oggi sono migliaia i giovani laureati che anche dalla Capitanata lasciano il Paese. Si tratta di un patrimonio umano ed intellettivo che dobbiamo recuperare al progresso del territorio.


Perciò pensiamo che vada riproposto in termini aggiornati un intervento per l’occupazione giovanile come quello del 1977 (legge 285), che favorì un consistente inserimento occupazionale di professionalità necessarie al tessuto produttivo e alla pubblica amministrazione ed assicurò la funzionalità di strutture decisive per il Paese e per la qualità della vita dei cittadini.


Inoltre, l’emergenza occupazionale non riguarda solo chi ha meno di 29 anni. Fra l’altro, sono tantissimi coloro che hanno perso una occupazione a causa della chiusura della azienda dove lavoravano. Tanti di essi oggi non hanno alcun reddito, dunque necessita anche definire un intervento complessivo con il quale il Governo italiano e l’Unione europea prendano in carico immediatamente l’impegno ad assicurare a quei lavoratori e alle loro famiglie, fino a quando rimangono privi di reddito, un salario di esistenza.


Solo su un tale percorso di azioni stringenti ed immediate il Governo attuale può (e deve!) legittimare il valore della sua funzione, in quanto nella sua ragion d’essere la vera priorità è il miglioramento della condizione di vita dei tanti cittadini in difficoltà.


 

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