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Di: Lavoro&Welfare di martedì 9 luglio 2013 11:24

PD: VERSO DOVE?



 

 

di Salvatore Castrignano - della Direzione provinciale PD Foggia,

Coordinatore "Lavoro&Welfare" Capitanata




 

PD: VERSO DOVE?

 

Basterà al PD un leader più “televisivo” per superare l’involuzione culturale, programmatica ed organizzativa che lo ha investito facendone il capro espiatorio maggiormente esposto al ciclone dell’antipartitismo?

Il Congresso ormai prossimo assume una funzione costituente, ma i cambiamenti intervenuti nel mondo e nella società sono stati indubbiamente più veloci di quanto non lo sia stato complessivamente il gruppo dirigente del PD nel costruire nel frattempo una più adeguata incisività alla azione del Partito.

 

L’Europa e la crisi

A dispetto di ogni previsione, la crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2007 (alla vigilia della nascita del PD) continua con una intensità drammatica in alcune aree del pianeta e nessuno è in grado di sapere fino a quando dureranno i suoi effetti. Oggi essa incide in modo particolare in diversi Paesi che si affacciano al Mediterraneo, tra essi l’Italia.

Ciò che in Europa si sta rivelando inaccettabile è l’ autoritario arbitrio nel governo della crisi da parte di Stati “forti” che, avvantaggiati dalla maggiore solidità del proprio tessuto produttivo e dalla condizione di oggettiva marginalità degli altri, impongono vincoli recessivi e poteri finanziari che mal si conciliano con la finalità della costruzione di una Europa di coesione, basata sui diritti sociali e civili.

Nella concertazione tra gli Stati europei l’Italia dovrà riguadagnarsi l’autorevolezza venuta meno negli anni recenti. Ciò significa che il Governo e la classe politica del Paese devono essere in grado di ricoprire un ruolo qualitativamente superiore dell’attuale, possibilmente come capofila dei Paesi Mediterranei.

La capacità di chi governa il Paese nel far emergere in Europa nuove e più efficaci strategie di area renderebbe possibile continuare la missione europea guardando alla coesione come valore sociale e riequilibrando un sistema di potere oggi chiaramente schiacciato sulle convenienze finanziarie e su posizionamenti territoriali che accentuano anziché ridurre i divari.  Questa fondamentale missione necessita di una classe politica italiana all’altezza del compito.

 

Il PD oggi

Mai come in questo momento il Partito Democratico ha ricoperto così ampie responsabilità istituzionali ed avuto così tanto potere: è al Governo del Paese ed ha il Presidente del Consiglio; detiene il numero maggiore di eletti nel Parlamento con una preponderanza storica alla Camera; il Presidente del Senato è un eletto del PD e quello della Camera dei Deputati è stato indicato dal centrosinistra; la quasi totalità delle giunte e dei Sindaci nei Comuni maggiori e gran parte delle Amministrazioni regionali sono di area PD o comunque di centrosinistra; il Presidente della Repubblica, pur nella sua obiettiva equidistanza dagli schieramenti, proviene dalla storia del PD. Ciononostante, le debolezze interne del PD hanno assunto una evidenza ed una negatività senza precedenti.

Nel Paese ed ancor più nei territori la vita e l’azione del PD sono all’insegna di una identità debole, di una politica non condivisa, di alleanze ibride, di metodi di direzione centralistici ed elitari, di notevoli limiti nella qualità e nella selezione della rappresentanza politica ed istituzionale.

In verità, anche a causa delle condizioni descritte, non è ancora stata realizzata una costruttiva analisi della sconfitta subìta nelle recenti elezioni politiche di febbraio.

 

Il Congresso del PD

In questo scenario il rischio che il Congresso del PD programmato per l’autunno diventi una occasione sprecata è notevole, se, come sembra profilarsi, quell’appuntamento si ridurrà alla conta degli adepti alle diverse anime interne e ai loro leader, e non momento di impegno unitario per ricercare e rifondare nel Partito una cultura politica condivisa.

Il PD non può esistere come partito di lobby e di salotti, la sua ragione sociale ed il suo DNA lo  identificano come partito della comunità, del popolo, della partecipazione attiva dei cittadini. Purtroppo finora così non è stato e non è; proprio in questa contraddizione sta la principale causa della sconfitta delle elezioni politiche.

Occorrono dunque ragioni e pulsioni ideali che riprendano a far vibrare il cuore e l’anima del dibattito congressuale, dei militanti presenti nella vita del partito nonché dei tanti cittadini che seguono con interesse la sua evoluzione. In tal senso è giusto far diventare il Congresso una Costituente delle Idee.

Va rilanciata la funzione riformatrice del PD, con riferimento alle priorità vitali del Paese ed alla innovazione del sistema politico ed istituzionale.  In particolare è fondamentale riposizionare la questione del diritto al lavoro in un quadro valoriale nuovo che ne ristabilisca una funzione che vada oltre la finalità del profitto e lo rilanci nel contesto delle politiche pubbliche strutturali e settoriali, nonché di una sinergia di nuova generazione tra chi lo rappresenta nelle varie forme e gli attori del territorio.

L’impegno volontario e gratuito, l’etica e la trasparenza delle azioni, la lotta agli affarismi e ai clientelismi sono gli aspetti basilari di una riforma della politica che devono trovare nel PD del dopo Congresso il primo banco di prova.

Nel territorio, la conoscenza delle specificità e delle potenzialità locali e l’apertura innovatrice non devono rimanere per lo più astratti impegni concettuali. Osservando anche ciò che avviene nel territorio, alcune risposte organizzative adottate in attesa dei Congressi per far fronte a situazioni problematiche contengono il valore della conservazione dell’esistente, in quanto ripongono e affidano le funzioni più strategiche in coloro che hanno determinato o condiviso le responsabilità del declino, contraddicendo le aspettative di un autentico cambiamento e rinnovamento.

Le “aree” interne al PD hanno difatti cooptato l’azione complessiva del Partito, come confermano le rilevanti e numerose iniziative recentemente da esse attivate, di cui andrebbe scongiurato l’effetto di radicalizzazione dei protagonismi personali in risposta all’assenza di un “Partito collettivo”.

 

Un Partito né liquido né ingessato, ma aperto a nuove energie

La lontananza dei cittadini dalla vita politica e l’accentuarsi della loro diffidenza verso i partiti deve spingere il PD a ricercare e promuovere nuove modalità di apertura al coinvolgimento ed alla partecipazione.

Chi ha sempre e fondatamente sostenuto che la presenza organica e strutturata dei partiti e delle organizzazioni di massa fosse la modalità più avanzata per l’esercizio della democrazia diretta e valore determinante per la crescita sociale della comunità, deve oggi ripensare alla modalità in cui questo protagonismo va rilanciato, dal momento che da 20 anni i corpi sociali intermedi e principalmente i partiti non risultano affatto valorizzare ed incentivare la libera espressione, le qualità di elaborazione, la conoscenza e le competenze di quanti vogliano contribuire alla loro iniziativa al di fuori di logiche di appartenenza a gruppi di potere.

Insomma, se il modello di “partito liquido” non è del tutto adeguato al storia del PD, non lo può essere sicuramente nemmeno più quello del “partito degli iscritti”.

La stessa forma e l’organizzazione del partito dovranno poter rendere fruibili e partecipati i circoli sul territorio e valorizzare non solo tutti gli iscritti, ma anche i cittadini che in forma singola o associata siano coerentemente interessati a contribuire agli obiettivi programmatici, disponibili a fare con e dentro il PD anche solo un tratto sperimentale del loro percorso di libero impegno politico e sociale.

Il Partito da ricostruire non deve mai più essere solo un mezzo per portare alcuni predestinati ai  posti di potere, ma deve costituire una “piattaforma logistica” democratica  partecipativa ed inclusiva, che sappia principalmente accogliere e mettere in relazione tra loro idee e competenze, per incanalarle verso le mete condivise di cambiamento, per una società più laboriosa, più  progressista, più giusta.

 

 

Foggia, 09 luglio 2013

 

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