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Di: Lavoro&Welfare di lunedì 9 aprile 2012 18:51

Montagnino su La Sicilia: “Riforma OK, il parlamento ora si sbrighi”

Su La Sicilia del 10 aprile un primo commento di Antonio Montagnino sulla riforma del mercato del lavoro proposta dal Governo Monti. 

"In un Paese come il nostro, in cui il mercato del lavoro è estremamente diseguale e la mancanza di lavoro ha carattere strutturale ed è contrassegnata da forti squilibri territoriali, da una elevatissima disoccupazione giovanile, femminile e di lunga durata, non ci sono ricette miracolose. Occorre la definizione di una strategia forte e complessa che riesca a determinare interventi organici, coerenti, adeguati, efficaci, di politica economica, di politica del lavoro, di contrasto alla mafia, di modifica delle condizioni infrastrutturali, di incentivi, di convenienza per le imprese, e anche, perché no, di flessibilità, purché sia coniugata con adeguate garanzie e tutele. Il tasso di disoccupazione in Italia è del 9,7 % e al Sud è il doppio rispetto al Nord; tra i giovani ha raggiunto a febbraio il 31,9% e arriva al 49,2% per le giovani donne del Mezzogiorno. Questa è l'attuale inaccettabile condizione del nostro Paese sulla quale occorre intervenire con strumenti che non siano solo di austerità ma di crescita, in un'ottica di patto e non di conflitto fra le generazioni.
Il presidente Monti ha descritto le misure contenute nel disegno di legge come una riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita economica orientata allo sviluppo dell'occupazione e alla limitazione del precariato, all'insegna dell'efficienza, della produttività, dell'equità, dell'inclusione, della qualità. La sfida che si impone è quella di creare nuova e buona occupazione, superando il dualismo radicato del nostro mercato del lavoro. Per realizzare tale obiettivo il governo ha trovato una formula che garantisce ad alcune tipologie contrattuali flessibili maggiori tutele e costi più elevati rispetto al passato e rafforzando il contenuto e la qualità dell'apprendistato scelto come veicolo privilegiato di inserimento nel mercato del lavoro e come fase transitoria per garantire lavoro a tempo indeterminato che è la tipologia dominante. Le misure proposte dal governo sembrano ad in buona parte positive.
Nella riforma un ruolo essenziale riveste la parte relativa agli ammortizzatori sociali: da una parte si sono avviate misure orientate ad universalizzare il sostegno al reddito, dall'altra i periodi di tutela probabilmente non sono adeguati rispetto alle situazioni di crisi. E' chiaro che i limiti dell'intervento riformatore risentono della mancanza di adeguate risorse finanziarie sebbene il mantenimento degli ammortizzatori in deroga riducano le perplessità. In tale contesto appare non adeguato il ruolo assunto dalla modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, diventato il punto cardine delle trattative. Su questo tema sono per fortuna prevalsi equilibrio e senso di responsabilità che hanno portato il governo ad andare nella giusta direzione, quella auspicata dal Pd e dal sindacato, che assicura un impegno riformatore che ha come cardine ineludibile il rispetto della dignità e del diritto del lavoratore, tutelandolo dagli abusi.
Lo «spacchettamento dell'articolo 18» prevede nel caso di licenziamenti economici con manifesta insussistenza che il giudice possa decidere anche il reintegro nel posto di lavoro. In realtà non c'era ragione per impedire l'intervento del giudice in casi anomali come questi. Se la nostra Repubblica è per Costituzione fondata sul lavoro e si riconosce il lavoro come diritto fondamentale del cittadino e come elemento essenziale della partecipazione alla vita democratica, in un momento di forte crisi la tutela del lavoro deve rappresentare una priorità. Grazie a quanto fatto dal Pd e dal sindacato si è impedito che passasse una soluzione che indeboliva i lavoratori, già in condizioni di forte disagio per la crisi economica, accentuate da una pesantissima riforma delle pensioni. Peraltro, la precedente decisione del governo non risolveva alcun problema: non serviva a creare nuovi posti di lavoro, non incrementava la produttività, non produceva risparmi, non agevolava i capitali stranieri ad investire in Italia, perché non rimuoveva i veri ostacoli: una farraginosa burocrazia, i costi dell'energia e del credito, la carenza di infrastrutture materiali e immateriali, la pratica delle «mazzette», la presenza in alcune aree del Paese di criminalità organizzata. Soprattutto al Sud. Sì, proprio in quel Sud abbandonato dal governo Berlusconi con la complicità o il disinteresse di tanti parlamentari del centrodestra, per cui la distrazione di fondi europei e nazionali ha rappresentato negli ultimi anni una inaccettabile ulteriore penalizzazione. A fronte di ciò è necessario investire in infrastrutture, innovazione, ricerca, strumenti che facilitino l'accesso all'istruzione e alla formazione continua. Adesso spetta al Parlamento sovrano l'ultima parola. Ci sono le condizioni per fare presto e bene."
Antonio Montagnino

*già sottosegretario al Lavoro
del governo Prodi

10/04/2012

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