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Di: Lavoro&Welfare di sabato 14 aprile 2012 12:23

“RIFORMA DEL LAVORO: DALLA CONCERTAZIONE ALLA CONSULTAZIONE” di Giovanni Battafarano

Il varo della riforma del mercato del lavoro ha rappresentato una importante novità dal punto di vista metodologico, non essendo stata preceduta, come in altre occasioni, da un Accordo con le parti sociali.

In precedenza, avevamo avuto due diverse esperienze: la concertazione e il dialogo sociale. La prima si  realizza  con il Governo Ciampi (luglio 1993) e con il Governo Prodi (luglio 2007). Dopo lunghe trattative, Governo e parti sociali (imprese e sindacati) firmano Accordi impegnativi in materia di controllo dell’ inflazione, riforma del lavoro, previdenza, welfare, impulso all’ occupazione. In particolare, il Protocollo del Welfare del 2007 viene sottoposto a referendum ed approvato da cinque milioni di lavoratori.

Il dialogo sociale viene teorizzato ed applicato in più occasioni dal Governo Berlusconi, che tuttavia finisce sempre con il firmare Accordi che escludono il maggior sindacato, la CGIL.

Il Governo Monti non segue né la prima né la seconda strada, ma opta per la consultazione con le parti sociali, che si conclude non con un Accordo, ma con un Verbale. Semmai, il Governo cerca un Accordo con la politica, con ABC, cioè con Alfano, Bersani, Casini, i tre leaders di maggioranza.

Difficile dire se questa innovazione sia destinata a consolidarsi. Personalmente, prediligo la concertazione, resa più agile ed innovativa, perché assicura ai provvedimenti in materia di lavoro e di welfare, un più forte sostegno sociale.

Intanto, al Senato si è avviato il percorso parlamentare con le audizioni delle parti sociali. Pur non mancando contributi e proposte su vari aspetti della riforma, il dibattito continua a ruotare sulla centralità dell’ art. 18.

In materia di licenziamenti individuali, la soluzione precedente individuata dal Governo escludeva il reintegro per i licenziamenti economici illegittimi e prevedeva solo l’ indennizzo. Tale soluzione aveva sollevato forti critiche da parte del PD, della CGIL e, in misura diversa, degli altri sindacati.

Successivamente, il Governo ha riformulato la parte relativa ai licenziamenti, ma ora le critiche arrivano dalla Confindustria e dal PDL. Il testo del Governo  prevede che la procedura di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo sia preceduta da un tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del Lavoro.

Quanto poi ai licenziamenti economici individuali, in caso di “…insussistenza dei fatti contestati…”, il giudice ordina il reintegro, mentre può optare per l’ indennizzo in altri casi .

A grandi linee, la soluzione proposta si avvicina al cosiddetto “ modello tedesco”, su cui più volte il confronto si era concentrato nelle scorse settimane.

Appare perciò poco comprensibile la posizione del Presidente uscente di Confindustria Emma Marcegaglia, che ha attaccato la riforma sulle pagine del Financial Times, giornale che riflette le opinioni e gli umori dei mercati internazionali, verso i quali, come è noto, il Governo Monti sta svolgendo un’ attenta opera di persuasione, in merito al cammino di risanamento avviato dall’Italia.

Rispetto alla disciplina in vigore, la soluzione del Governo introduce un elemento di flessibilità ed appare un punto di equilibrio accettabile su un aspetto che pure tanti dichiarano marginale.

Naturalmente, l’esame parlamentare potrà migliorare il testo, nella salvaguardia - si auspica - dell’ equilibrio di fondo. Occorre rafforzare l’ apertura verso i giovani, tutelare chi svolge lavori precari, porre fine alla pratica dei tirocini e stage gratuiti, prevedere un equo compenso  sin dall’ inizio dell’ attività. Va definito meglio il contratto a progetto, che continua ad essere usato per mascherare lavoro dipendente, come nel caso di pony express, baristi, commessi, parrucchiere.

Infine, si rende sempre più urgente un’ iniziativa del Governo a favore dello sviluppo, dal momento che le politiche di austerità prevalenti in Europa  non reggono più. C’è bisogno di un piano per lo sviluppo e per aggredire il fenomeno della disoccupazione. Le regole del mercato del lavoro, le migliori che siano, non bastano a creare occupazione senza un rilancio degli investimenti, una aggiornata e selettiva politica industriale, una riduzione del costo del lavoro.

C’è da augurarsi, in conclusione, che Il Parlamento approvi rapidamente la riforma del lavoro, per passare alla sfida cruciale, quella della crescita e dell’ occupazione.

Giovanni Battafarano
Segretario generale Associazione Lavoro&Welfare

 

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